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Violazione dell’art. 2 della “Legge antitrust” e conseguenze giuridiche per le fideiussioni bancarie

Immagine del redattore: Alessandro FacchiniAlessandro Facchini

Con l’ordinanza interlocutoria n. 11486/2021, la Prima Sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto di rimettere gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite affinché queste ultime svolgano la funzione di cui all’art. 65 della legge sull’ordinamento giudiziario e cioè di “garantire l’esatta osservanza e uniforme interpretazione della legge”.


La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha richiesto un intervento delle Sezioni Unite rilevando “la necessità di una rimeditazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di nullità dei contratti stipulati in conformità d’intese restrittive della concorrenza” relativamente ad una particolare fattispecie definita, correttamente, di “particolare rilevanza” e cioè alle fideiussioni bancarie prestate “in conformità delle condizioni uniformi predisposte dall’ABI”.

Già precedentemente la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, si era pronunciata, avuto riguardo alla Legge n. 287 del 1990 per la tutela della concorrenza e del mercato (c.d. “Legge antitrust”), sulla possibilità o meno anche per il consumatore di proporre le azioni previsti dall’art. 33, comma 2, di detta Legge, tra cui le azioni di nullità e di risarcimento danni, considerando che la Legge n. 287 del 1990 era stata emanata in un panorama legislativo volto a tutelare il corretto rapporto di concorrenza e, dunque, l’imprenditore dalla concorrenza sleale.


Legge che, si ricorda, all’art. 2 considera vietate le “intese” tra imprese (quali gli accordi e/o le pratiche concordati tra imprese nonché le deliberazioni di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari) aventi per oggetto o per effetto “di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenze all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante”. Da tale divieto, la norma ne fa conseguire la nullità.


Come sopra accennato, con la sentenza n. 2207 del 4 febbraio 2005, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, riconobbe al consumatore la legittimazione a proporre le azioni di cui all’art. 33, comma 2, Legge n. 287/1990, nonostante la sua estraneità all’intesa anticoncorrenziale, ammettendo così una tutela risarcitoria nonché un’azione di nullità, non solo dell’intesa anticoncorrenziale, ma anche del contratto “a valle” di tale intesa, in quanto “strumento” a cui “non si può attribuire un rilievo giuridico diverso da quello della intesa che va a strutturare, giacché il suo collegamento funzionale con la volontà anti-competitiva a monte lo rende rispetto ad essa non scindibile”.



Nel caso specifico era stata statuita la legittimazione in capo al consumatore a proporre l’azione volta ad ottenere la restituzione del maggior importo versato, quale premio di una polizza di assicurazione r.c.a., assumendo che le relative condizioni erano state determinate dal cartello delle società assicuratrici, il cui effetto era stato di maggiorare i prezzi delle polizze uniformemente per tutto il mercato nazionale in spregio alla “Legge antitrust”, con un supposto conseguente pregiudizio per il consumatore, parte debole in quanto obbligata a stipulare detta polizza.


Poco dopo l’emissione di tale pronuncia, l’attività svolta dalle Autorità preposte alla tutela della concorrenza del mercato hanno fatto emergere, in altri settori rispetto a quello assicurativo e, per quanto qui di interesse, nel settore bancario, “intese” rientranti nelle fattispecie di cui all’art. 2 della Legge n. 287/1990. Più precisamente, Banca d’Italia, all’esito di una istruttoria, con acquisizione del parere espresso dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, emetteva il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 che disponeva che gli articoli 2, 6, 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI* per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contenevano disposizioni che, nella misura in cui applicate in modo uniforme, erano in contrasto con l’art. 2, comma 2, lettera a), della Legge n. 287 del 1990.


La fideiussione omnibus è il contratto con il quale un soggetto estraneo al rapporto di credito (fideiussore) presta al creditore (nel caso di specie, la banca) una garanzia per tutte le obbligazioni assunte dal debitore, comprensive non solo dei debiti esistenti nel momento in cui la garanzia viene prestata ma anche di quelli futuri derivanti da qualsiasi rapporto intercorrente tra la banca e il debitore principale; impegnandosi, così, a rimborsare, nei limiti dell’importo massimo indicato nella fideiussione stessa, i debiti nel caso in cui ciò non venga fatto dal debitore.


Lo schema contrattuale predisposto dall’ABI e relativo alla fideiussione omnibus definisce l’oggetto del contratto e i diritti e doveri della banca creditrice e del soggetto (fideiussore) che presta la garanzia.

Nell’ambito del procedimento sfociato nel provvedimento n.22/2005, l’istruttoria da parte delle Autorità preposte alla tutela della concorrenza del mercato si è incentrata, in principalità, su tre dei tredici articoli e, più precisamente, sugli articoli 2, 6 e 8 che prevedono alcuni obblighi per il fideiussore.

L’art. 2 dello schema stabilisce che il fideiussore è tenuto “a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo” (clausola di reviviscenza).


L’art. 6 dello schema prevede che “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato” (clausola di deroga all’art. 1957 del codice civile).


L’art. 8 dello schema, da ultimo, dispone che “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”.

Con la pronuncia n. 2207/05 sopra menzionata, sembrava che potessero ritenersi superati almeno due principi affermati in precedenza dalla Corte di Cassazione e cioè: quello che la tutela prevista dall’art. 33, comma 2, L. n. 287/1990 dovesse essere preclusa al consumatore finale; quello secondo cui la tutela di cui all’art. 33, comma 2, L. n.287/1990 poteva riguardare unicamente le intese anticoncorrenziali e non anche i contratti “a valle” che, pertanto, mantenevano la loro validità anche se l’intesa “a monte” veniva dichiarata nulla e il consumatore poteva solo dar corso ad un’azione risarcitoria e non anche un’azione diretta a far dichiarare la nullità del contratto “a valle”.

Invero, proprio con riferimento specifico ad azioni incardinate da fideiussori che avevano prestato garanzia mediante contratti redatti in conformità allo schema ABI, di cui sopra si è accennato, si deve dare atto che solo parte della giurisprudenza di legittimità ha ritenuto di far applicazione dei sopra riportati principi enunciati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per i contratti di assicurazione e ha, conseguentemente, ritenuto di attribuire anche al consumatore (garante) il diritto di avvalersi degli strumenti di tutela previsti dall’art. 33, comma 2, della Legge n. 287 del 1990 e cioè di dar corso ad un’azione di accertamento della nullità, non solo dell’intesa, ma anche del contratto “a valle” (e, dunque, della fideiussione, quale estrinsecazione di tale intesa antitrust), oltre che richiedere il risarcimento danni.

Invero, attesa la rilevanza del tema, era inevitabile che, non solo in dottrina, ma anche tra la giurisprudenza di merito e di legittimità andassero a crearsi e a consolidarsi indirizzi contrastanti, che hanno ritenuto di discostarsi anche dai principi di diritto, di cui alla sentenza sopra menzionata della Corte di Cassazione, a Sezioni Unite.

Tutto ciò è stato colto dalla Prima Sezione della Corte di Cassazione, quando nel richiedere di porre al vaglio delle Sezioni Unite la questione, in primis, della possibilità o meno di applicare i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di nullità dei contratti stipulati in conformità d’intese restrittive della concorrenza anche alle fideiussioni bancarie prestate in conformità delle condizioni uniformi predisposte dall’ABI, ha evidenziato che nell’ambito di azione promosse da fideiussori che avevano sottoscritto fideiussioni conformi allo schema predisposto dall’ABI, vi era stata una “automatica applicazione dei principi enunciati in riferimento alla nullità dei contratti di assicurazione, senza approfondirne adeguatamente le ricadute, in relazione alle differenze riscontrabili tra le due fattispecie”.

Conclusivamente, in un contesto giurisprudenziale sia di legittimità che di merito così ondivago su un tema così importante, si attende con molto interesse la decisione della Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, anche alla luce della indiscutibile rilevanza socio/economica delle possibili conseguenze giuridiche sulle fideiussione omnibus rilasciate derivanti dai principi di diritto che verranno formulati; auspicando che venga fatta il più possibile chiarezza sulle questioni sottopostole sul tema fideiussione omnibus e, in particolare: se la coincidenza totale o parziale con le condizioni uniformi predisposte dall’ABI possa giustificare la dichiarazione di nullità delle clausole accettate dal fideiussore o se invece legittimi esclusivamente una azione risarcitoria e se sia ammissibile una dichiarazione di nullità parziale della fideiussione.


* L’Associazione Bancaria Italiana che nell’ambito dei propri compiti predispone gli schemi negoziali concernenti condizioni generali di contratto che le banche possono utilizzare nei rapporti con la clientela.

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