Il fondo patrimoniale è stato introdotto con la Legge 17 maggio 1975 n. 151, di riforma del diritto di famiglia e costituisce l’evoluzione dell’istituto del «patrimonio familiare» - che, secondo l’orientamento prevalente, non è stato abrogato dalla normativa entrata in vigore nel 1975 - ed è disciplinato dagli artt. 167 – 171 c.c.
Il conferimento in fondo patrimoniale è stato variamente classificato dalla dottrina, che oltre alla canonica distinzione tra patrimonio «autonomo» - ossia, beni la cui titolarità spetta a più soggetti o a un soggetto collettivo – e patrimonio «separato» - ovvero, beni la cui titolarità è separata da quella degli altri - si è spinta a classificarli come patrimonio «indipendente» o «non confuso», per distinguerli dai beni di esclusiva proprietà di ciascuno dei coniugi o da quelli in comunione legale.
Appare certamente condivisibile l’opinione di chi, indipendentemente dalla qualificazione dell’istituto, vi rinviene la finalità di valorizzare le «preminenti esigenze della famiglia» di cui all’art. 144 c.c., come pure quella di garantire la stabilità del tenore di vita familiare, che non può che essere volta all’assolvimento dei doveri di assistenza morale e materiale tra coniugi e di mantenere, istruire ed educare la prole.
Art. 167 c.c. – costituzione del fondo patrimoniale
«Ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico o un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia.
La costituzione del fondo patrimoniale per atto tra vivi, effettuata dal terzo, si perfeziona con l’accettazione dei coniugi. L’accettazione può essere fatta con atto pubblico posteriore.
La costituzione può essere fatta anche durante il matrimonio. I titoli di credito devono essere vincolati rendendoli nominativi con annotazione del vincolo o in altro modo idoneo.»
Art. 168 c.c. – impiego ed amministrazione del fondo
«La proprietà dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia
stabilito diversamente nell’atto di costituzione. I frutti dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati per i bisogni della famiglia. L’amministrazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale è regolata dalle norme relative alla comunione legale.»
Art. 169 c.c. – alienazione dei beni del fondo
«Se non è stato espressamente consentito nell’atto di costituzione, non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l’autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità od utilità evidente.»
Art. 170 c.c. – esecuzione sui beni e sui frutti
«L’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.»
Art. 171 c.c. – cessazione del fondo
«La destinazione del fondo termina a seguito dell’annullamento o dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio. Se vi sono figli minori il fondo dura fino al compimento della maggiore età dell’ultimo figlio. In tale caso il giudice può dettare, su istanza di chi vi abbia interesse, norme per l’amministrazione del fondo. Considerate le condizioni economiche dei genitori e dei figli ed ogni altra circostanza, il giudice può altresì attribuire ai figli, in godimento o in proprietà, una quota dei beni del fondo. Se non vi sono figli, si applicano le disposizioni sullo scioglimento della comunione legale.»
Art. 2647 c.c. – costituzione del fondo patrimoniale e separazione dei beni
«Devono essere trascritti, se hanno per oggetto beni immobili, la costituzione del fondo patrimoniale, le convenzioni matrimoniali [162] che escludono i beni medesimi dalla comunione tra i coniugi [215], gli atti e i provvedimenti di scioglimento della comunione [191 ss.], gli atti di acquisto di beni personali a norma delle lettere c), d), e), ed f) dell'articolo 179, a carico, rispettivamente, dei coniugi titolari del fondo patrimoniale e del coniuge titolare del bene escluso o che cessa di far parte della comunione. Le trascrizioni previste dal precedente comma devono essere eseguite anche relativamente ai beni immobili che successivamente entrano a far parte del patrimonio familiare o risultano esclusi dalla comunione tra i coniugi. La trascrizione del vincolo derivante dal fondo patrimoniale costituito per testamento deve essere eseguita d'ufficio dal conservatore contemporaneamente alla trascrizione dell'acquisto a causa di morte [2645 ss.]».
art. 2929 bis, comma 1, c.c.
«il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, interviene nell’esecuzione da altri promossa»
Cass. civ. Sez. I, 01-10-1999, n. 10859
«Come già altra volta affermato da questa Corte (v. Cass. 27 novembre 1987 n. 8824) - nella disciplina introdotta dalla L. 19 maggio 1975 di riforma del diritto di famiglia, la costituzione del fondo patrimoniale prevista dall'art. 167 c.c., che comporta un limite alla disponibilità di determinati beni assoggettati da vincolo di destinazione al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, rientra nel novero delle convenzioni matrimoniali, onde anche in ordine a tale istituto trova applicazione il disposto del terzo comma dell'art. 162 c.c. il quale condiziona l'opponibilità delle convenzioni medesime nei confronti dei terzi all'annotazione del negozio costitutivo di esse a margine dell'atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo prevista per i beni immobili dall'art. 2647 c.c. resta degradata a mera pubblicità - notizia. La trascrizione secondo le norme della pubblicità immobiliare non sopperisce quindi al difetto dell'annotazione nei registri dello stato civile, la quale soltanto assume rilevanza in correlazione con il principio posto dall'art. 45 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267, secondo cui le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori. (…) La rilevanza della data certa anteriore al fallimento dell'atto di disposizione compiuto dal fallito, infatti, perde rilievo ogniqualvolta l'opponibilità alla massa risulti dipendente dall'adempimento di determinate forme di pubblicità».
La costituzione del fondo patrimoniale fra coniugi avviene con la stipula di una convenzione per atto pubblico ricevuto da Notaio, alla presenza di due testimoni e la stessa deve essere annotata a margine dell’atto di matrimonio e trascritta nei Registri Immobiliari, per renderla opponibile ai terzi. Con il conferimento in fondo patrimoniale, i coniugi (o un terzo, anche per testamento) impongono pattiziamente un vincolo su determinati beni, destinandoli alla soddisfazione dei bisogni della famiglia.
Deroga all’art. 2740 c.c.: «Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge.»
Alla luce della finalità dell’istituto appare giustificata la limitazione - seppure modulabile pattiziamente dai coniugi - al potere di disporre e alienare i beni costituiti nel fondo patrimoniale che, secondo l’opinione prevalente, dalla lettura in combinato disposto degli artt. 168, ultimo comma, e 169 c.c. si configura, anche come una deroga, anche, al precetto di cui all’art. 1379 c.c. «Il divieto di alienare stabilito per contratto ha effetto solo tra le parti e non è valido se non è contenuto entro convenienti limiti di tempo e se non risponde a un apprezzabile interesse di una delle parti».
La costituzione di fondo patrimoniale da parte del terzo è meno frequente e vanno comunque distinti il negozio attributivo, dalla costituzione del fondo patrimoniale vero e proprio; parimenti discussa l’ipotesi che il terzo in questione possa essere una società di capitali o di persone.
Ad ogni modo, il terzo potrebbe conferire un bene in fondo patrimoniale., attribuendo la proprietà a uno solo o a entrambi i coniugi, oppure riservandola a se stesso o attribuendola a un terzo.
Analogamente, che il costituente sia uno solo dei coniugi o entrambi, questi potranno conferire la piena proprietà del bene, riservarla a se stessi o trasferirla al coniuge; altrimenti, potranno conferirla nel fondo (attribuendola a entrambi, nel caso siano entrambi costituenti) e, finanche, a un terzo.
Cass. civ. Sez. V, Sent., (ud. 08-05-2009) 07-07-2009, n. 15862
«Irrilevante - in questa sede, qualsiasi indagine riguardo alla anteriorità del credito rispetto alla costituzione del fondo, in quanto l'art. 170 c.c. non limita il divieto di esecuzione forzata ai soli crediti (estranei ai bisogni della famiglia) sorti successivamente alla costituzione del fondo, ma estende la sua efficacia anche ai crediti sorti anteriormente, salva la possibilità per il creditore, ricorrendone i presupposti, di agire in revocatoria ordinaria (Cass. 3251/96, 4933/05)».
(cfr. Cass. civ., 1.12.2017, n. 29654)
Cass. civ., sez. III (ud. 15.07.2020) 8.02.2021 n. 2904
- Inquadramento dell’istituto «il fondo patrimoniale indica la costituzione su determinati beni (immobili o mobili registrati o titoli di credito) da parte di uno o di entrambi i coniugi (o anche di un terzo), con convenzione matrimoniale assoggettata ad oneri formali (art. 167 c.c., comma 1) e pubblicitari (art. 162 c.c., comma 4, e D.P.R. n. 396 del 2000, art. 69), (…), di un vincolo di destinazione (art. 169 c.c.) al soddisfacimento dei bisogni della famiglia (art. 170 c.c.). Indica altresì il relativo regime di cogestione da parte dei coniugi (art. 167 c.c.)».
- Deroga all’art. 2740 c.c. «Il vincolo di destinazione impresso ai beni comporta che essi non siano
aggredibili per debiti che i creditori conoscevano essere stati contratti per bisogni estranei alla famiglia (…) (v. Cass., 7/10/2008 n. 24757; Cass. 7/01/2007 n. 966 (…)».
Cass. civ., sez. III (ud. 15.07.2020) 8.02.2021 n. 2904
- Esperibilità dell’azione revocatoria ordinaria
«la costituzione del fondo patrimoniale può essere dichiarata inefficace nei confronti dei creditori a mezzo di azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. (…), mezzo di tutela del creditore rispetto agli atti del debitore di disposizione del proprio patrimonio, poiché con l’azione revocatoria ordinaria viene rimossa, a vantaggio dei creditori, la limitazione alle azioni esecutive che l’art. 170 c.c. circoscrive ai debiti contratti per i bisogni della famiglia (v. Cass. 7/7/2007 n. 15310), sempre che ricorrano le condizioni di cui all’art. 2901 comma 1, n. 1 (…),, senza alcun discrimine circa lo scopo ulteriore da quest’ultimo avuto di mira nel compimento dell’atto dispositivo (a tale stregua considerandosi soggetti all’azione revocatoria anche «gli atti aventi un profondo valore etico e morale» (…) per la sussistenza del consilium fraudis essendo in particolare sufficiente, nel caso in cui la costituzione sia avvenuta in data anteriore al sorgere del debito, la consapevolezza da parte dei debitori del pregiudizio che mediante l’atto di disposizione venga in concreto arrecato alle ragioni del debitore».
Cass. civ., sez. III (ud. 15.07.2020) 8.02.2021 n. 2904
- Criterio interpretativo del concetto di «bisogni della famiglia»
«il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo patrimoniale va ricercato non già nella natura – ex contractu o ex delitto – delle obbligazioni (v. Cass., 26/7/2005 n. 15603; Cass., 18/7/2003 n. 11230), ma nella relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti sono stati contratti ed i bisogni della famiglia, con la conseguenza che l’esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di esso può aver luogo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia (...) a tale stregua, delle obbligazioni assunte, anche anteriormente alla costituzione del fondo (v. Cass., 9/4/1996 n. 3251), per bisogni estranei alla famiglia, i beni vincolati in fondo patrimoniale non rispondono».
Onere prova a carico del debitore: dimostrazione della regolare costituzione del fondo e sua opponibilità al creditore e che il debito è sorto per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Cass. civ., sez. III (ud. 15.07.2020) 8.02.2021 n. 2904
- Criterio interpretativo del concetto di «bisogni della famiglia»
«i bisogni della famiglia sono da intendersi non in senso restrittivo, come riferentesi cioè alla necessità di soddisfare l’indispensabile per l’esistenza della famiglia, bensì (…) nel senso di ricomprendere in detti bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi (v. Cass., 1/7/1984 n. 134) (…) avendo più ampiamente riguardo a quanto necessario e funzionale allo svolgimento e allo sviluppo della vita familiare secondo il relativo indirizzo, e al miglioramento del benessere (anche) economico della famiglia».
Cass. civ., sez. III (ud. 15.07.2020) 8.02.2021 n. 2904
- Debiti derivanti dall’attività di impresa o professionale del coniuge
«le obbligazioni concernenti l’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale risultano per converso avere di norma un’inerenza diretta ed immediata con le esigenze dell’attività imprenditoriale e professionale, solo indirettamente e mediatamente potendo assolvere (anche) al soddisfacimento dei bisogni della famiglia (ex art. 178 c.c. e art. 179 c.c., lett. d), se e nella misura in cui con i proventi della propria attività professionale o imprenditoriale il coniuge, in adempimento dei propri doveri ex art. 143 c.c. vi faccia fronte. È fatta peraltro salva la prova contraria, potendo dimostrarsi che pur se posto in essere nell’ambito dello svolgimento dell’attività d’impresa o professionale nello specifico caso concreto, diversamente dall’id quod
plerumque accidt, l’atto di assunzione del debito è eccezionalmente volto ad immediatamente e direttamente soddisfare i bisogni della famiglia».
Cass. civ., sez. I, ord. 27.04.2020 n. 8201
Nonostante la necessità di una interpretazione non restrittiva del concetto di «esigenze/ bisogni familiari», «se il credito per cui si procede è solo indirettamente destinato alla soddisfazione delle esigenze familiari del debitore, rientrando nell’attività professionale da cui quest’ultimo ricava il reddito occorrente per il mantenimento della famiglia, non è consentita, ai sensi dell’art. 170 c.c., la sua soddisfazione sui beni costituti in fondo patrimoniale».
Tribunale di Pordenone, ord. 12.02.2020 est. dott. Tonon
Rinviando, tra le altre, alla Cass. civ., n. 16176/2018 e al principio secondo cui il lavoro è un bisogno della famiglia perché serve per il suo mantenimento e sviluppo e che non possono ritenersi estranei ai bisogni della famiglia i debiti inerenti l’attività di lavoro dei coniugi allorquando da tale attività la famiglia tragga i suoi mezzi di mantenimento, ribadisce che «nel riparto del relativo onere probatorio spetti al debitore offrire la prova che il creditore conoscesse l’estraneità del debito ai bisogni della famiglia, dovendosi presumere fino a prova contraria (praesumptio iuris tantum) l’inerenza dei debiti contratti dai coniugi ai bisogni e alle esigenze di carattere familiare, anche in ragione del disposto normativo ex art. 143, comma terzo, del codice civile, in base al quale entrambi i coniugi sono tenuti a contribuire ai bisogni della famiglia»
Cass. Civ., sez. VI – T, 26.10.2017 n. 25443
«In tema di riscossione coattiva delle imposte, l’iscrizione ipotecaria è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’art. 170 c.c., sicché è legittima solo se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità a tali bisogni, ma grava sull’imprenditore che intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale l’onere di provare l’estraneità del debito alle esigenze familiari e la consapevolezza del creditore».
QUINDI non può escludersi che il debito tributario scaturente dall’attività imprenditoriale sia stato contratto per far fronte alle esigenze familiari, che sono «quelle volte al pieno mantenimento ed all’univoco sviluppo della famiglia, ovvero per il potenziamento della capacità lavorativa del coniuge».
Inerenza attività imprenditoriale / professionale ai bisogni e alle esigenze della famiglia:
incremento della capacità lavorativa;
incremento del reddito della famiglia;
incremento del tenore di vita della famiglia, perseguito di comune intento dai coniugi in ragione dell’indirizzo di vita familiare prescelto (Cass. n. 18118/2020).
la tutela giurisdizionale del debitore esecutato è affidata all’opposizione ex art. 615, comma
2, c.p.c.
Cassazione civile, sez. I, 02 Aprile 2021, n. 9192
«Il sistema vigente non esonera l'atto di costituzione del fondo patrimoniale dall'assoggettamento alle azioni revocatorie (ordinaria, come fallimentare): così facendo intendere che, nel conflitto, le ragioni dei creditori possono prevalere sulla cura degli interessi familiari di carattere patrimoniale.
La giurisprudenza di questa Corte è ben ferma, del resto, in questa acquisizione (cfr., da ultimo, Cass., 9 aprile 2019, n. 9798; Cass., 15 novembre 2019, n. 29797). Per la specifica, puntuale osservazione per cui, comunque, "non vi è alcun obbligo di legge di costituire il fondo per provvedere all'interesse della famiglia", si veda in particolare la pronuncia di Cass., 8 agosto 2007, n. 17418. La detta acquisizione non viene in qualche misura a diminuire, o in ogni caso a mutare, nell'ipotesi in cui conferenti del fondo sia non già il debitore principale, bensì un suo fideiussore (cfr. Cass., 7 ottobre 2010, n. 24757; Cass., 3 giugno 2020, n. 10522)»
Cassazione civile, sez. I, 02 Aprile 2021, n. 9192
«Nel sistema tracciato per la revocatoria ordinaria, è necessario - ma anche sufficiente - che l'atto, che viene fatto appunto oggetto di revoca, comporti un pregiudizio alle ragioni del creditore: che lo stesso sia cioè idoneo ad "alterare in senso peggiorativo" la garanzia patrimoniale che nel concreto risulta posta ad assistenza del credito (cfr. Cass., 4 maggio 1996, n. 4143), così rendendo più "incerta" o comunque maggiormente "difficoltosa" la realizzazione del diritto medesima (Cass., 7 luglio 2007, n. 15310).
Di conseguenza, la revocabilità dell'atto non suppone necessariamente - e neppure di necessità implica, per la verità - la sussistenza di uno stato di insolvenza del debitore (cfr. Cass., 4 novembre 1995, n. 11518). Ché la tutela accordata dalla legge al creditore si pone, in materia, a un livello diverso - e di spessore maggiore – da quello rappresentato da un intervento limitato alla situazione di sostanziale incapienza dei patrimoni dei debitori coinvolti nell'esecuzione della prestazione dovuta.
In via correlata, la scientia damni, che la norma dell'art. 2901 c.c., comma 1, n. 1, pone in capo al
debitore che l'atto compie, si atteggia propriamente come semplice, "mera conoscenza" delle conseguenze negative che - in punto di concreto soddisfacimento del diritto del credito - l'atto medesimo è in grado di produrre (Cass., n. 17418/2007; (Cass., 7 marzo 2005, n. 4933; Cass., 3 marzo 2009, n. 5072; Cass., 17 maggio 2010, n. 12045)»
Cass. civ., sez. VI - 3 ord. 20.01.2020 n. 1141
«sussiste litisconsorzio necessario del coniuge non debitore, ancorché non sia neppure proprietario dei beni costituti nel fondo stesso, in quanto beneficiario dei relativi frutti, destinati a soddisfare i bisogni della famiglia e, quindi, destinatario degli eventuali esiti pregiudizievoli conseguenti all’accoglimento della domanda revocatoria».
«il credito litigioso, che trovi fonte in un atto illecito (come in un rapporto contrattuale) contestato in separato giudizio, è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore abilitato all’esperimento, a tutela, dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto dispositivo compiuto dal debitore, sicché il relativo giudizio non è soggetto a sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c.».
Cass. civ. Sez. III, Sent., (ud. 21-12-2015) 24-03-2016, n. 5889
«L'art. 2903 c.c., laddove stabilisce che l'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto, deve essere interpretato (attraverso il coordinamento con la disposizione generale in tema di prescrizione, di cui all'art. 2935 c.c.) nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell'atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da quel momento il diritto può esser fatto valere e l'inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo; e tale momento va individuato, in relazione alla costituzione del fondo patrimoniale, in quello nel quale avviene l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio, che è il giorno nel quale l'atto diviene opponibile ai terzi. E' appena il caso di rilevare che detta giurisprudenza è in armonia con quella relativa alla prescrizione dell'azione revocatoria fallimentare, riguardo alla quale si è detto che la prescrizione decorre dalla data della dichiarazione di fallimento e non da quella del compimento dell'atto da revocare (sentenze 5 novembre 1999, n. 12317, e 5 dicembre 2003, n. 18607)».
Cass. civ., sez. I, ord. 6 febbraio 2018, n. 2820
«Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la costituzione del fondo patrimoniale per fronteggiare i bisogni della famiglia, anche qualora effettuata da entrambi i coniugi, non integra, di per sé, adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatoria per legge; essa configura, dunque, un atto a titolo gratuito; tale atto è suscettibile di esser dichiarato inefficace a norma dell’art. 64 legge fall. salvo che si dimostri l’esistenza in concreto di una situazione tale da integrare, nella sua oggettività, gli estremi del dovere morale e il proposito del solvens di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione (per tutte Cass., n. 19029/2013; Cass., n. 6267/2005; Cass., n. 18065/2004)».
Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-01-2021) 07-04-2021, n. 13089
«L'art. 46 l.f. esclude espressamente dal fallimento quei beni che assumono natura personale o che sono necessari alla tutela e al soddisfacimento dei bisogni del fallito e della sua famiglia ovvero che sono costituti in fondo patrimoniale., sicché non può essere utilizzata la ragione normativa prevista dall’att. 2740 c.c.
I beni del fondo patrimoniale, dunque, per la loro natura personale tutelata dall’art. 46l.f., sono estranei all’oggetto della condotta distrattiva in caso di contestazione di bancarotta prefallimentare di un imprenditore individuale, cui deve essere garantito un minimo di sostentamento e di beni per soddisfare le esigenze personali e della famiglia (…). Il vincolo del fondo è per i bisogni della famiglia e (…) l’esecuzione per debiti estranei è ammessa solo quando il creditore credeva che il debito fosse contratto per sopperire a quei bisogni».
Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-01-2021) 07-04-2021, n. 13089
L’art. 47, comma 2, l.f., «il quale vieta che la casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria l’abitazione di quest’ultimo e della sua famiglia, possa essere distratta dal suo uso si pone [secondo la giurisprudenza civile] su di un piano diverso dalla domanda diretta a fare valere l’inefficacia dell’atto dispositivo della stessa, ai sensi dell’art. 64 l.f., onde non interferisce con l’esperibilità dell’azione revocatoria».
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