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Truffe superbonus 110%, sì al sequestro dei crediti ceduti alla Banca

Immagine del redattore: Alessandro FacchiniAlessandro Facchini

È di sicura attualità l’agevolazione fiscale introdotta dall’art. 119 del D.L. n. 34/2020 (cosiddetto “Decreto Rilancio”) che, semplificando per ovvie ragioni di sintesi, può definirsi come la detrazione – originariamente prevista nella misura del 110% - delle spese sostenute, a far data dal 1° luglio 2020, per la realizzazione di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica, al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici. Tra gli interventi agevolati di cui sopra vanno ricompresi l’installazione di impianti fotovoltaici e di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.



Con la legge 17.01.2023 n. 6, di conversione del D.L. 18.11.2022 n. 176 (cosiddetto “Decreto aiuti quater”), l’istituto è stato incisivamente modificato; per esempio, è stata ridotta - dal 110% al 90% - la quota della detrazione riconosciuta nel 2023 per gli interventi rientranti nella disciplina del cosiddetto Superbonus.


Tra le altre modifiche, si segnala che è fissato al 31.03.2023 il termine previsto per l’utilizzo della detrazione originariamente prevista nella misura del 110% per le sole spese sostenute dalle persone fisiche sugli edifici unifamiliari. Invece l’aliquota nella misura del 110% viene riconosciuta fino al 2025 ai soggetti del terzo settore che esercitano servizi socio-sanitari e assistenziali, sempre che i membri dei rispettivi Consigli di amministrazione non percepiscano alcun compenso.


Premesso questo, seppure stringato, inquadramento dell’istituto, passiamo a esaminare alcune recenti pronunce in tema di sequestro impeditivo ex art. 321, comma 1, c.p.p., in relazione al delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, con riferimento ai crediti derivati di cui all’art. 121, comma 1, lettera b) del D.L. n. 34/2020 che, come noto, disciplina la facoltà, per i soggetti che abbiano eseguito i lavori poc’anzi enumerati - anziché di usufruire direttamente della detrazione - della “trasformazione del corrispondente importo in credito d'imposta, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari”.

Diversi sono stati i casi di sequestro dei crediti ceduti alle Banche nell’ambito delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 119 D.L. n. 34/2020; vicende che hanno avuto una innegabile risonanza mediatica e che, se non opportunamente contestualizzate, possono ingenerare nell’opinione pubblica sfiducia e pregiudizi del tutto ingiustificati.

Infatti, analizzando alcune delle pronunce più significative in tema e raccordando la disciplina speciale con l’istituto di carattere generale di cui all’art. 321, comma 1, c.p.p., la questione appare assai meno “incandescente” e la posizione delle Banche cessionarie del tutto estranea al reato di truffa ai danni dello Stato.


Esemplare, in questo senso, tra le altre, la sentenza Cass. penale, sez. III, 28.10.2022 n. 40865, secondo cui “In materia di agevolazioni fiscali in edilizia, sono suscettibili di sequestro preventivo impeditivo, in relazione al delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, i crediti dei terzi cessionari, di cui all’art. 121, comma 1, lett. b), d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (oggetto del cd. “superbonus” 110%), posto che gli stessi, derivando dal diritto alla detrazione di imposta spettante al committente delle opere, costituiscono cose pertinenti al reato. Pertanto, non rileva la condizione soggettiva di detti terzi, in conformità alle norme processualpenalistiche, che non risultano derogate dalla disciplina in oggetto”.


In quella stessa occasione la Corte di Cassazione ha, infatti, opportunamente evidenziato che “Il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all’illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. Sicché, il sequestro impeditivo di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. richiede soltanto – e più genericamente – la prova di un legame pertinenziale tra la res ed il reato, ossia un collegamento che comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato è stato commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa”.


Tesi, quest’ultima, che rappresenta un orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità e che, del resto, condivisibilmente riafferma la distinzione con il sequestro anticipatorio di cui all’art. 321, comma 2, c.p.p., pur sempre escludendo che la nozione di pertinenza possa estendersi “a[i] rapporti

meramente occasionali tra la res e l’illecito”.


Peraltro, nella sentenza in commento (correttamente, a sommesso avviso di chi scrive), si confuta la lettura secondo cui il credito sorga in capo al cessionario a titolo originario e, quindi, “depurato da qualsiasi vizio, anche radicale, che avesse eventualmente colpito il diritto alla detrazione (…) non deponendo in tal senso la normativa di riferimento (primaria e secondaria) e, quanto a quest’ultima, escludendone evidentemente la forza derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria.

Elemento chiarificatore dell’intento del Legislatore in tal senso è che le disposizioni successive (cfr., art. 28 del D.L. n. 472022) parlino di cessione di un credito già esistente e non di una vicenda estintivo – costitutiva, come ci rammenta la stessa sentenza di legittimità.


Sulla stessa scia troviamo la sentenza Cass. penale, sez. III, 28.10.2022 n. 40866, che sottolinea come “Nel caso di specie, la possibilità di permanente utilizzazione dei crediti originanti da fatto illecito, quali le operazioni fraudolente volte a conseguire crediti d’imposta previsti dalla legge, a seguito della loro cessione ad una banca estranea ai fatti di reato protrarrebbe e/o aggraverebbe le conseguenze del reato secondo quanto previsto dall’art.321, comma 1, cod. proc. pen.”, sempre affermando che l’operazione in commento è da qualificarsi come cessione di un credito già esistente. In senso conforme la pronuncia “gemella” Cass. penale, sez. III, 28.10.2022 n. 40867.


Nell’ambito del corposo contenzioso giudiziario in tema di Superbonus 110% e suo utilizzo distorto e/o illecito, peraltro, la Corte di Cassazione si era già espressa nel mese di quello stesso anno. Si rammentino, tra le altre, le sentenze Cass. penale, 21.09.2022 n. 40867 e n. 40869.

Entrambe le pronunce in commento si segnalano per la affermata sequestrabilità dei crediti di imposta ceduti in capo alle cessionarie, per l’evidenziata loro qualità di parte offesa dal reato nella prospettazione criminosa addebitata ai soggetti indagati.


Da ultimo, perché opportunamente forniscono una lettura critica e ragionata delle circolari dell’Agenzia dell’Entrate, sottolineando che nell’audizione in Senato, V^ Commissione Bilancio, del Direttore Generale dell’Agenzia delle Entrate in data 10.0.2022 è emerso come “in caso di sequestro di crediti inesistenti da parte dell’Autorità giudiziaria, in quanto “cose pertinenti al reato”, tali crediti diventano inutilizzabili dal terzo cessionario in buona fede, al quale pertanto non resta che rivalersi nei confronti del cedente”.

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