Differenti modalità di soddisfacimento del relativo credito sui beni ricompresi nella procedura fallimentare (alla luce della sentenza della Cass., SS.UU., n. 8557/23) e nella attuale procedura di liquidazione giudiziale (disciplinata dal CCII) del datore di ipoteca, soggetto diverso dal debitore
Le Sezioni Unite della Cassazione, con la recente sentenza n. 8557/2023 pubblicata in data 27 marzo 2023, sono intervenute per dirimere il contrasto giurisprudenziale emerso (nell’ambito di una procedura di fallimento) sulla questione della possibilità, per il titolare di un diritto reale di garanzia su un bene di proprietà del fallito (soggetto terzo rispetto al debitore), di ottenere l’accertamento del proprio diritto nonché del proprio credito nell’ambito del procedimento di verificazione del passivo previsto dal capo V del titolo II della Legge Fallimentare oppure di ottenere soddisfazione del proprio credito mediante intervento nella fase di distribuzione dell’attivo ricavato dalla vendita del bene gravato.
Con un’ampia e articolata motivazione nonché descrizione delle due tesi giurisprudenziali contrapposte e dello scenario dottrinale relativamente alla questione dibattuta, le Sezioni Unite hanno ritenuto di dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale della Corte stessa consolidatosi (seppur interrotto da diverse pronunce di senso opposto della Corte, tra le quali: Cass. n. 2540/2016, Cass. n. 18082/2018, Cass. n. 2657/2019 e Cass. n. 18790/2019) nell’arco di tempo di sessant’anni e (ri)affermato ancora recentemente dalle pronunce nn. 1067/2021, 16939/2022, che sosteneva la correttezza della seconda delle due tesi sopra menzionate enunciando, conseguentemente, i seguenti principi di diritto:
“I creditori titolari di un diritto di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito non possono, anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n.5 del 2006 e dal d.lgs. n. 169 del 2007, avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo di cui al titolo II, capo V della legge fallimentare, in quanto non sono creditori del fallito, né soggetti che agiscono per la restituzione o la rivendica dei beni acquisiti al fallimento”;
“I detti creditori possono intervenire nel procedimento fallimentare in vista della ripartizione dell’attivo per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura che sono stati ipotecati o pignorati”;
“Avverso il piano di riparto del curatore che escluda o includa (in tutto o in parte) il diritto del titolare della nuda prelazione alla distribuzione delle dette somme, il creditore ipotecario o pignoratizio e, rispettivamente, gli altri creditori interessati al riparto del ricavato della vendita del bene posso proporre reclamo a norma dell’art. 110, comma 3, l. fall.”;
“Il reclamo può avere ad oggetto l’esistenza, la validità e l’opponibilità al fallimento della garanzia reale, avendo anche riguardo alla sua revocabilità, oltre che l’an e il quantum del debito garantito”;
“Tale accertamento non richiede la partecipazione al giudizio del debitore la cui obbligazione è garantita da ipoteca o da pegno e ha un valore endo concorsuale, essendo, come tale, non opponibile al detto debitore, restato estraneo al procedimento fallimentare, in sede di rivalsa”.
Mentre il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. n.14/2019 - CCII) contiene, per quanto riguarda la problematica in questione, come del resto evidenziato dalle Sezioni Unite nella sopra menzionata sentenza, un “dirompente elemento di novità” rispetto alla legge fallimentare in quanto assoggetta espressamente alla disciplina dell’ammissione al passivo nell’ambito di una procedura di liquidazione giudiziale la domanda volta ad assicurare al creditore di soggetto terzo, che vanti un’ipoteca su beni ricompresi nella procedura, la partecipazione al riparto.
Difatti, l’art. 201 CCII (rubricato “Domanda di ammissione al passivo”) così statuisce: “Le domande di ammissione al passivo di un credito o di restituzione o rivendicazione di beni mobili o immobili compresi nella procedura, nonché le domande di partecipazione al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione di beni compresi nella procedura ipotecati a garanzia di debiti altrui, si propongono con ricorso da trasmettere a norma del comma 2, almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo.”
Dove al successivo comma 3, lett. b) si legge: “Il ricorso contiene: (…) l’ammontare del credito per il quale si intende partecipare al riparto se il debitore nei cui confronti è aperta la liquidazione giudiziale è terzo datore d’ipoteca”.
Conclusivamente:
i sopra riportati principi di diritto enunciati dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, avranno, dunque, rilevanza ancora con riguardo alle procedure di fallimento pendenti alla data di entrata in vigore del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lsg. n. 14/2019 – CCII), che restano disciplinate dalla legge fallimentare (così come previsto dall’art. 390 del CCII), con la conseguenza che il diritto del creditore a ottenere dal terzo fallito, soggetto diverso dal debitore ma datore di ipoteca, si attuerà in sede di riparto;
diversamente, nel caso di datore di ipoteca relativamente al quale è stata dichiarata l’apertura della liquidazione giudiziale (ai sensi dell’art. 121 e seguenti del CCII), avendo voluto il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza espressamente regolamentare nel Capo III del Titolo V l’accertamento del passivo e dei diritti dei terzi sui beni compresi nella liquidazione giudiziale, ai sensi dell’art. 201 CCII la domanda di partecipazione al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi in detta procedura (ipotecati a garanzia di debiti altrui) dovrà essere proposta con le medesime modalità previste, nel comma 2 di detto articolo, per la presentazione delle domande di ammissione al passivo di un credito.
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