Nati a Londra nella prima metà degli anni Duemila, i temporary store o pop-up shop hanno preso piede anche nel nostro Paese. Si tratta di negozi “a tempo determinato” che solitamente compaiono nelle aree strategiche delle grandi città commerciando prodotti in edizione limitata a prezzi inferiori alla media. I temporary store rappresentano una vera e propria strategia di marketing: suscitano nei clienti una sorta di “ansia da acquisto” dettata dalla provvisorietà del negozio, offrono ai brand grande visibilità, permettono di lanciare nuovi prodotti e valutarne il potenziale sul mercato.
In Italia non c’è ancora una normativa specifica che disciplini i temporary store, i quali sono al momento assimilabili a esercizi di vicinato, ma con attività temporanea.
Una distinzione fondamentale riguarda il tempo di apertura.
Se è inferiore a 30 giorni all’anno (anche non continuativi), l’attività viene considerata occasionale. Solitamente in questo caso la Camera di Commercio non richiede alcuna iscrizione (è comunque consigliabile contattare la CCIAA di riferimento per una verifica), ma se l’attività non è svolta occasionalmente – l’imprenditore apre/chiude in luoghi diversi –, diventa necessaria l’iscrizione nel Registro delle Imprese.
Nel caso in cui superi i 30 giorni, invece, l’attività viene considerata abituale, quindi è assimilata a un normale esercizio di vicinato.
In ogni caso l’attività del temporary store non potrà avere una durata superiore ai 6 mesi.
Se il pop-up shop viene aperto da un soggetto già titolare di Partita Iva, l’unico adempimento previsto, oltre a quelli già messi in atto per l’apertura dell’attività commerciale, è la presentazione di una Scia allo sportello SUAP del Comune di competenza per certificare l’inizio dell’attività.
Se invece il soggetto non ha la Partita Iva, dovrà prima provvedere alla sua apertura, all’iscrizione alla Camera di Commercio e alla Gestione Commercianti Inps.
Per poter presentare la Scia sono necessari alcuni requisiti: quello soggettivo, che coincide con i soli requisiti morali a meno che non si vendano prodotti alimentari (in questo caso sono previsti anche requisiti professionali, ovvero l’attestato Haccp); quello oggettivo, per cui i locali nei quali si svolge l’attività dovranno avere una destinazione d’uso compatibile e quindi essere ritenuti agibili.
La Scia dovrà essere presentata anche al momento della cessazione dell’attività del temporary store.
Particolarmente indicata per l’attività dei temporary store è la stipula di contratti di affitto di tipo transitorio, che prevedono periodi di locazione più brevi rispetto alla durata legale (6 anni) nel caso in cui l’attività da esercitare nell’immobile abbia, appunto, carattere transitorio. Il contratto di locazione ad uso transitorio per un pop-up shop deve contenere alcuni elementi: il richiamo alla formula del temporary store; la possibilità di determinare forfettariamente la misura del canone per l’intera durata contrattuale; l’esclusione dell’obbligo di corrispondere l’indennità per la perdita dell’avviamento; l’esclusione dei diritti di prelazione e di riscatto; l’esclusione del rinnovo.
In attesa che la legislazione italiana preveda delle specifiche per questo tipo di attività, è consigliabile rivolgersi alla Camera di Commercio di competenza per verificare nel dettaglio ogni adempimento necessario.
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