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Ricorsi contro il Payback dispositivi medici

Immagine del redattore: Alessandro FacchiniAlessandro Facchini

Il termine del 24 dicembre 2022 e le decisioni del Consiglio di Stato sul caso dei farmaci


Le vicende del cosiddetto “payback”, ossia l’obbligo delle imprese fornitrici del Sistema Sanitario di concorrere alla spesa pubblica in caso di violazione dei tetti di spesa regionali, occupano ormai da qualche mese i pensieri delle aziende e dei rispettivi legali, oltre che l’attenzione della stampa, economica e generalista.

Talune fonti stimano l’importo complessivamente da restituire in oltre 3,6 miliardi di euro.


Le premesse risalgono al 2015, allorché il d.l. 78/2015 (convertito con modificazioni dalla l. 125/2015), introdusse in un sol colpo, tramite l’art. 9 ter, tanto la (ai tempi) “famigerata” rinegoziazione dei contratti pubblici in corso di esecuzione (ossia l’obbligo dei fornitori di acconsentire ad una riduzione del 5% dei corrispettivi, pena il recesso contrattuale), quanto una procedura (appunto il payback) basata sui seguenti principali passaggi:

- determinazione, da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, di un tetto di spesa regionale/provinciale per l’acquisto di dispositivi medici, da adottarsi entro il 15 settembre 2015, e da aggiornarsi poi con cadenza biennale, fermo restando comunque il tetto di spesa nazionale fissato al 4,4%;

- certificazione, tramite decreto del Ministro della Salute entro il 30 settembre di ogni anno, dell’eventuale superamento del tetto di spesa, salvo successivo conguaglio;

- sempre nel già menzionato caso (superamento dei tetti), obbligo delle aziende di concorrere al ripiano in ragione dell’incidenza percentuale del proprio fatturato rispetto a quello della spesa totale.

Tale procedura, rimasta successivamente inattuata (salvo che per la determinazione del tetto) relativamente all’acquisto dei dispositivi medici, è stata invece introdotta e poi concretamente implementata relativamente agli acquisti dei farmaci, in forza dell’art. 1, comma 574 e ss., l. 145/2018.

Ciò sino a che il cosiddetto decreto “aiuti bis” (d.l. 9 agosto 2022, n. 155, convertito con modificazioni dalla l. 142/2022) vi ha dato nuovo impulso, introducendo, tramite il nuovo comma 9 bis dell’art. 9 ter, d.l. 78/2015, una procedura accelerata relativamente ai superamenti intervenuti negli anni dal 2015 al 2018.


Sono poi seguiti, in rapida successione:

- la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, il 15 settembre 2022, del decreto ministeriale del 6 luglio 2022, di certificazione del superamento dei tetti di spesa per gli anni dal 2015 a 2018;

- la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, il 26 ottobre 2022, del decreto ministeriale del 6 ottobre 2022, di approvazione delle linee guida per la emanazione dei provvedimenti regionali e provinciali;

- e, infine, l’approvazione o – in certi casi l’avvio del procedimento - dei singoli provvedimenti regionali o provinciali contenenti l’elenco delle aziende fornitrici soggette al ripiano.

Vediamo quali possono essere gli strumenti di tutela delle aziende e quali le prospettive, sia sotto il profilo della tempistica che dell’esito finale.


Indubbiamente lo strumento di elezione per una reazione giudiziale è rappresentato dal ricorso al Tribunale Ammnistrativo Regionale, per chiedere l’annullamento vuoi dei decreti ministeriali del 15 settembre e 6 ottobre 2022, che dei provvedimenti regionali di approvazione degli elenchi.

Sennonché, va in primo luogo considerato che, sino non vi sia l’approvazione dei provvedimenti regionali, l’impugnativa dei decreti ministeriali rischia di esporsi a possibili eccezioni di difetto di interesse per carenza di immediata lesività (essendo questa per lo più dipendente proprio dallo specifico contenuto dei futuri elenchi).

Inoltre, sempre nel già menzionato caso (assenza degli elenchi), se da un lato la proposizione di immediata impugnativa dei decreti può corrispondere a pratica di maggior cautela, dall’altro lato la stessa sconta già ora un dilemma di tempestività quantomeno rispetto al decreto del 6 luglio 2022, il cui termine di impugnativa di 60 giorni, se calcolato dalla pubblicazione, è ad oggi scaduto.

Sempre in questa ipotesi, diverrebbe allora essenziale attivare il ricorso quantomeno nel termine decorrente dalla pubblicazione del decreto del 6 ottobre 2022, ossia entro e non oltre il 24 dicembre 2022 (60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta).

Nelle more della approvazione dei provvedimenti regionali, vi è anche la possibilità di attivare gli strumenti partecipativi di cui all’art. 10, l. 241/1990, ossia di esercitare il diritto:

a) di prendere visione degli atti del procedimento, presentando apposita istanza di accesso;

b) di presentare memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento.


Premessa la - di regola - poca utilità concreta di presentare memorie con contestazioni di “taglio” normativo (ad esempio, censure di violazione di legge o, a fortiori, di illegittimità costituzionale), va considerato che i documenti da acquisire e valutare tramite acceso per eventualmente contestare i dati istruttori (tetti, fatturati, percentuali di mercato delle diverse aziende) sembrano particolarmente voluminosi.


Non è perciò detto che gli stessi vengano acquisti in tempo utile rispetto alla possibilità di muovere osservazioni ed alla formale approvazione degli elenchi.

Nondimeno, appare strategicamente senz’altro consigliabile presentare ugualmente istanza di accesso, quantomeno al fine di poter rivendicare nel successivo eventuale ricorso di essere stati pregiudicati nei propri diritti partecipativi.


Quanto alla natura delle possibili censure, è astrattamente possibile distinguere tra:

- contestazioni sulle modalità procedimentali, ad esempio per non essere stati posti in grado di conoscere gli elementi documentali necessari per formulare osservazioni;

- contestazioni relative alla istruttoria ed alla quantificazione della singola misura regionale di ripiano, ad esempio, per essere stata erroneamente calcolata o la misura complessiva del disavanzo, ovvero l’incidenza percentuale del fatturato della singola azienda rispetto a quello complessivo;

- contestazioni relative a violazioni costituzionali o di norme sovranazionali, tra cui, sempre, ad esempio per la manifesta irragionevolezza della misura ex art. 3 Cost., per la violazione dei principi costituzionali della imposizione tributaria ex art. 53 Cost, per il realizzarsi di una espropriazione di fatto (ex art. 24 Cost. ed 1 CEDU), o per la violazione del diritto di iniziativa economica ex art. 41 Cost.

Alle diverse tipologie di contestazione si accompagnano riflessi sulla tempistica della decisione.

Nei primi due casi, sarà il Giudice Amministrativo a poter direttamente ed immediatamente decidere nel merito, ancorché eventualmente scontandosi i tempi di una istruttoria processuale.

Nell’ultimo caso (censure di incostituzionalità), invece, al Giudice Amministrativo competerà solo lo scrutinio della rilevanza e non manifesta infondatezza della questione, concluso (positivamente) il quale si dovrà attendere la pronuncia della Corte Costituzionale, e quindi di nuovo il rinvio al Giudice Amministrativo per la decisione finale.

Una accelerazione potrà essere praticata laddove, per la gravità ed irreparabilità del danno a carico delle aziende, sia possibile chiedere al TAR un provvedimento cautelare.

Quanto alle prospettive di successo, premesso che la complessità sia tecnica che giuridica della questione non consente di effettuare prognostici (che, comunque, richiederebbero l’esame di ciascun singolo caso), è recente la pubblicazione di numerose sentenze del Consiglio di Stato in merito al payback sugli acquisti di farmaci.

E, in tutti questi casi, l’esito è stato negativo per le aziende.


Con le pressoché gemelle cinque sentenze del 18 novembre 2022 (n.ri 10170, 10171, n. 10175, 10181, e 10182), la Sez. III del Consiglio di Stato ha rigettato i ricorsi:

- escludendo che l’impedito accesso ai dati istruttori abbia comportato una violazione delle prerogative partecipative procedimentali;

- ritenendo la manifesta infondatezza di obiezioni di costituzionalità analoghe a quelle sopra spendibili rispetto ai dispositivi medici.

Lo scenario risulta dunque estremamente complesso, e richiederà:

- una approfondita analisi dei passaggi motivi delle decisioni sul payback dei farmaci, al fine di individuarne i motivi di maggiore debolezza;

- la individuazione di motivi di ricorso diversi da quelli già negativamente scrutinati.

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