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Professori universitari a tempo definito: regime di incompatibilità e limiti regolamentari

Immagine del redattore: Alessandro FacchiniAlessandro Facchini

Aggiornamento: 13 mar 2023

A fronte in taluni casi di un effettivo abuso nella assunzione di incarichi extraistituzionali, ma in molti altri a causa di disposizioni legislative e di Ateneo farraginose ed equivoche, negli ultimi anni la giurisprudenza sia amministrativa che della Corte dei Conti si è sempre di più occupata dei limiti e condizioni per lo svolgimento di attività esterne ai compiti di istituto, e delle conseguenze nel caso di attività non consentita o comunque non autorizzata.


Complice il duplice impulso dato da un lato dalla autorità anticorruzione (ANAC), e dall’altro dalle massive indagini svolte della Guardia di Finanza, si stanno via via moltiplicando i casi di giudizi di danno erariale davanti alla Corte dei Conti, così come quelli amministrativi aventi ad oggetto sanzioni disciplinari (financo espulsive), o anche a semplici dinieghi nel rilascio delle autorizzazioni per lo svolgimento di incarichi esterni.

La materia è assai complessa e delicata; si assiste a richieste risarcitorie di elevatissimo importo (pari all’intera retribuzione percepita dall’Università, oltre al compenso derivante dagli incarichi esterni), per giungere in taluni casi fino alla destituzione dallo status di professore.

Dalla privilegiata esperienza professionale di difensore e consulente tanto di Atenei che di professori, vado ad illustrare i principali principi raffermati dal Tar Lombardia, Sez. Brescia, nella recente sentenza n. 637/2022 (consultabile su https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza/?nodeRef=&schema=tar_bs&nrg=202100001&nomeFile=202200637_01.html&subDir=Provvedimenti)


Tar Lombardia, Sez. Staccata di Brescia, 24 giugno 2022, n. 637/2022: professori universitari a tempo definito - regime di incompatibilità e limiti regolamentari

Il caso recentemente deciso dal Tar Brescia, attinente ad ipotesi di svolgimento di attività didattica a favore di atenei stranieri da parte di professore in regime di tempo definito, presenta tratti estremamente peculiari, dacché, in sentenza di poco precedente, resa tra le stesse parti (n. 781/2020), lo stesso Tar aveva ricostruito il relativo regime normativo, ed i motivi di possibile diniego al rilascio della relativa autorizzazione.

In particolare, era stato affermato:

  • che l’art. 53, d.lgs. 185/2001 consente – sia pure a specifiche condizioni e previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza – di svolgere incarichi retribuiti del tutto distinti dal rapporto d’impiego;

  • che la medesima facoltà compete anche ai docenti universitari e, con particolare larghezza, a quelli a tempo definito, secondo la disciplina speciale di cui all’art. 6 della l. 240/2010;

  • che, sempre secondo la l. 240/2010, i professori a tempo definito devono riservare annualmente a compiti didattici e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonché ad attività di verifica dell'apprendimento, non meno di 250 ore in regime di tempo definito (art. 6 cit., II comma);

  • che, per il resto, secondo l’art. 6, comma 12, della medesima l. 240/2010, gli stessi professori possono svolgere attività libero-professionali e di lavoro autonomo anche continuative, purché non determinino situazioni di conflitto di interesse rispetto all'Ateneo di appartenenza, e, soprattutto, possono altresì prestare attività didattica e di ricerca presso università o enti di ricerca esteri.


Poco dopo tale decisione (e, secondo la successiva qui in commento, al fine proprio di superarne contenuti ed effetti), vi era stata la assunzione di nuove disposizioni regolamentari, applicate poi in via retroattiva, seguita dalla emanazione di provvedimenti sia di decadenza per incompatibilità, che di destituzione disciplinare.

Per quanto più di interesse ai fini di una ricostruzione scientifica, il Tar ha tracciato limiti e confini dei regolamenti universitari in materia, affermando, in via generale, che le previsioni regolamentari che introducano restrizioni che si aggiungano alla compatibilità del duplice incarico con l’adempimento degli obblighi istituzionali ed all’assenza di situazioni di conflitto di interesse debbono essere ritenute illegittime.

In particolare, è stato deciso essere illegittime le previsioni che:

  • subordinino l’autorizzazione ad un accordo tra l’Ateneo italiano e quello straniero;

  • prevedano l’intervento nel procedimento autorizzatorio di organi diversi rispetto al Rettore (nella specie, il Senato accademico ed il Consiglio di Dipartimento);

  • limitino la durata massima dell’incarico estero, e vietino il rinnovo della autorizzazione;

  • stabiliscano che i docenti devono garantire in via prioritaria l’adempimento dei propri obblighi nei confronti dell’Ateneo italiano, essendo sufficiente l’assolvimento da parte dell’interessato degli obblighi istituzionali;

  • impongano la partecipazione dell’Ateneo italiano di appartenenza a progetti di ricerca competitivi esterni;

  • introducano elencazioni tassative delle attività specificamente consentite, restringendole a solo talune di quelle di didattica e di ricerca.


Per contro, lo stesso Tar ha ammesso la legittimità di previsioni:

  • che obblighino a menzionare nella produzione scientifica (per così dire) “estera” del professore la propria appartenenza all’Ateneo italiano;

  • che prevedano la durata annuale dell’autorizzazione (seppure rinnovabile), di modo da assecondare le esigenze di programmazione didattica dell’Ateneo di appartenenza.

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