top of page
news_edited_edited.jpg

Pignoramento dello stipendio, cosa stabilisce la legge

Immagine del redattore: Alessandro FacchiniAlessandro Facchini

Quali sono gli strumenti per recuperare un credito?

Il creditore può agire, in via esecutiva, con tre diversi procedimenti:

  • il pignoramento immobiliare;

  • il pignoramento mobiliare;

  • il pignoramento presso terzi.

In questo scritto rivolgiamo la nostra attenzione all’ultima procedura, che consiste nel chiedere il pignoramento di somme di cui soggetti terzi sono a loro volta debitori nei confronti di colui che è nostro debitore.

Generalmente i soggetti terzi di cui sopra sono i datori di lavoro (e allora si parla di pignoramento dello stipendio), gli enti di previdenza (pignoramento della pensione) o gli istituti di credito (pignoramento del conto corrente).

L’ espropriazione presso terzi è disciplinata dall’articolo 543 del Codice di procedura civile.


Nell’ambito della più ampia nozione di pignoramento presso terzi vogliamo, in questa sede, concentrare la nostra attenzione su quello che comunemente viene conosciuto come pignoramento dello stipendio.

Precisiamo fin da subito che lo stipendio (ma anche la pensione) non può essere pignorato nella sua interezza: la legge stabilisce che al debitore debba essere garantito il cosiddetto “minimo vitale” per vivere e sostenere la famiglia e, dunque, lo stipendio può essere pignorato solo nel limite di 1/5, calcolato sull’importo netto (per completezza evidenziamo che anche la pensione – nella parte eccedente la c.d. “pensione sociale” – potrà essere pignorata nel limite di 1/5). La quota pignorabile cambia, però, quando il creditore è l’Agenzia delle Entrate: in questo caso si tratta di 1/10 dello stipendio se l’importo non supera i 2.500 euro, 1/7 se l’importo non supera i 5.000 euro e 1/5 se l’importo è superiore ai 5.000 euro.

La procedura di pignoramento dello stipendio ha inizio attraverso la consegna, da parte del creditore (assistito dal proprio legale), dell’atto di pignoramento (unitamente al titolo esecutivo e all’atto di precetto già notificato) all’Ufficiale Giudiziario (del Tribunale o della Corte d’Appello del luogo in cui il debitore ha la propria residenza) che procede con la notifica al debitore e al terzo pignorato.

Entro 10 giorni dalla ricezione dell’atto di pignoramento, il datore di lavoro (o, in generale, il terzo) dovrà rendere, a mezzo PEC o raccomandata a/r, una dichiarazione, il cui contenuto è disciplinato dall’art. 547 c.p.c., specificando di quali cose o di quali somme egli è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna.

Ove la dichiarazione del terzo sia positiva, il creditore procederà all’iscrizione a ruolo della procedura che assumerà, dunque, un numero di ruolo e verrà assegnata al Giudice dell’Esecuzione il quale fisserà udienza di comparizione, a seguito della quale – ove non vi siano opposizioni del debitore – al creditore verrà assegnato il quinto dello stipendio mensile che il terzo datore di lavoro tratterrà dallo stipendio mensile del lavoratore/debitore e verserà direttamente al creditore. E ciò fino al soddisfacimento dell’intero credito. L’ordinanza di assegnazione emessa dal Giudice dell’Esecuzione costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo.

Ove la dichiarazione sia negativa, il creditore dovrà trovare altre soluzioni per recuperare le somme.

Infine, se il terzo non rende la dichiarazione ovvero non si presenta alla prima udienza, il Giudice dell’Esecuzione fissa una successiva udienza; se anche a tale udienza il terzo non compare o rifiuta di rilasciare la dichiarazione, i crediti pignorati verranno considerati non contestati nell’ammontare indicato dal creditore: anche in questo caso, l’ordinanza costituirà titolo esecutivo nei confronti del terzo.


Di solito quando si agisce con tale strumento non ci si limita a chiedere il pignoramento dello stipendio ma anche delle somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di trattamento di fine rapporto (c.d. TFR). Anche in questo caso, il TFR può essere pignorato nella misura di 1/5 della quota mensile riconosciuta al lavoratore. In questo caso l’azienda, ogni mese, versa sul fondo TFR del lavoratore i 4/5 della somma e versa il restante 1/5 direttamente al creditore, unitamente al quinto

dello stipendio.

Tra qualche mese la procedura di cui sopra, che già è stata oggetto di numerosi interventi legislativi, sarà interessata da un’importante modifica: dal 22 giugno 2022, infatti, entreranno in vigore nuove regole apportate dalla legge 206/2021, che prevede ulteriori doveri a carico del creditore. Fermo tutto quanto sopra illustrato, il creditore dovrà fare fronte a un duplice onere: la notifica al debitore e al terzo dell’avviso di avvenuta iscrizione al ruolo della procedura e il deposito dell’avviso notificato nel fascicolo dell’esecuzione. La mancata notifica dell’avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell’esecuzione determineranno l’inefficacia del pignoramento.

Concludendo: il pignoramento dello stipendio, ove sia possibile, è uno strumento efficace - quando il credito non sia particolarmente elevato - poiché ne consente il recupero (dilazionato) con un costo non eccessivo per il creditore rispetto, ad esempio, al pignoramento immobiliare che, invece, pone a carico del creditore procedente una serie di incombenti assai onerosi.

Comments


US Legal Network | Via Senato,12 - 20121 Milano

logo US LEGAL NETWORK piè pagina.001.jpeg
bottom of page