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Linee fondamentali della riforma delle gare per le concessioni balneari

Immagine del redattore: Alessandro FacchiniAlessandro Facchini

Come impatterà su attuali concessionari e aspiranti tali


La problematica delle concessioni relative al demanio marittimo, oggi più comunemente definite ”balneari” (echeggiando così l’attività della più vasta tipologia di operatori economici che ne sono interessati), ha origine molto risalente, animando il dibattito sia politico che normativo / giudiziario sin dal 2009.

Come è noto, il focus iniziale era rappresentato dal cosiddetto “diritto di insistenza” (la preferenza verso il concessionario demaniale uscente, ritenuta contrastante con la normativa europea), ma si è ben presto spostato sul binomio rinnovo automatico / obbligo di procedura concorsuale.

Dopo anni di interventi legislativi interni in palese contrasto sia con le disposizioni europee che con la giurisprudenza europea e italiana (inclusa quella della Corte Costituzionale), le decisioni dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17 e 18 del novembre 2021, hanno da un lato ulteriormente tracciato la linea, nel senso che l’ordinamento europeo, ed in parte anche quello interno:

- ostano ad ogni forma di proroga o rinnovi automatici a favore dei concessionari esistenti;

- impongono che le concessioni siano rilasciate sulla base di procedure concorrenziali imparziali e trasparenti.



Dall’altro lato, le predette decisioni, nel modulare la cessazione dell’efficacia delle concessioni in essere a far data dal 31 dicembre 2023, hanno innescato l’avvio della riforma legislativa che è oggi all’esame del parlamento.

Vediamo la direzione intrapresa dal legislatore per un settore che, secondo quanto riportato dallo stesso Consiglio di Stato, genera un giro di affari intorno ai quindici miliardi di euro all’anno, con canoni di concessione di poco superiori a cento milioni di euro.


Il disegno di legge

Come ampiamente commentato dai media, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 15 febbraio 2022 è stata approvata la proposta emendativa (emendamento 2.0.100) al disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (A.S. 2469), come pendente al Senato.

Laddove l’originario disegno prevedeva, all’art. 2, l’approvazione di una delega legislativa solo per la costituzione e il coordinamento di un sistema informativo di rilevazione delle concessioni di beni pubblici (una sorte di mappatura), l’emendamento consta di due parti:

- da un lato, con l’art. 2 bis, si prevede la cessazione dell’efficacia al 31 dicembre 2023 delle concessioni in essere sulla base di proroghe o rinnovi disposti anche ai sensi della l. 145/2018 e del d.l. 104/2020 (convertito con l. 126/2020);

- dall’altro lato, all’art. 2 ter si prevede l’emanazione di uno o più decreti legislativi relativamente sia alla determinazione dei criteri per l’individuazione delle aree suscettibili di affidamento in concessione, e sia, per quanto qui rileva, per la disciplina delle procedure selettive per l’affidamento delle concessioni.

Dato il già alto numero di emendamenti presentato da singoli Senatori, e le molteplici osservazioni presentante da gruppi esterni, risulta estremamente difficile prevedere se ed in che termini il testo subirà modifiche.

Nondimeno, il quadro generale può essere ricostruito nei termini che seguono.


Le concessioni che permangono

Per quanto riguarda la cessazione dell’efficacia delle concessioni in essere, va evidenziato come la stessa non riguardi quelle che siano eventualmente già state assegnate tramite procedure con “adeguate garanzie di imparzialità e di trasparenza”, che proseguono sino al loro originario termine di efficacia, o, comunque sino al 31 dicembre 2022.

Non può peraltro sottacersi l’elevato grado di aleatorietà insito nella apprezzamento delle condizioni alle quali i presupposti della “imparzialità” e “trasparenza” possano dirsi soddisfatti, posto che si tratta di concetti assai ampi, di cui il testo dell’articolato non fornisce alcuna definizione.

Ad esempio, quanto al principio della imparzialità, nei pubblici appalti lo stesso ha campo di applicazione assai vasto, ricomprendendo quanto riguarda la determinazione dei requisiti di partecipazione e dei criteri di valutazione, oltre che le modalità di presentazione delle domande, la verbalizzazione delle sedute di gara, e la valutazione delle offerte nel merito.

Per quanto riguarda la disciplina delle future procedure selettive, i principi della delega sono ispirati e per molti tratti analoghi a quelli che si applicano ai contratti pubblici di appalto.

Ciò importerà la necessità degli operatori di sviluppare - internamente, o tramite professionisti esterni – competenze tecniche e legali sin qui tipicamente appannaggio delle imprese che operano nel campo dei contratti pubblici.

Requisiti di partecipazione e criteri di scelta del concessionario

Tra gli aspetti di maggior criticità si segnalano senz’altro quelli relativi alla determinazione dei requisiti per concorrere, e di quelli relativi alla valutazione delle offerte, in quanto facilmente portatori di interessi opposti:

- quello dei concessionari “uscenti” a limitare la platea dei concorrenti, o a che siano introdotti criteri di valutazione premianti rispetto alla loro pregressa esperienza;

- e quello degli operatori economici che per la prima volta si affacciano nel settore, nel senso della più ampia possibilità di loro partecipazione e di concorrenza nel merito delle proposte.

Premesso che, nella materia degli appalti pubblici, la giurisprudenza da sempre declina come generale principio quello per cui non è legittimo elevare a criterio di scelte delle offerte quanto attiene ai requisiti soggettivi del concorrente, il disegno di legge fornisce sotto questo aspetto dettami non del tutto perspicui.


Ad esempio, e per quanto riguarda i requisiti di partecipazione, se da un lato si afferma privilegiare la massima facoltà di partecipazione, anche al fine di non discriminare le imprese di piccole dimensioni (cfr. art. 2 ter, comma 2, lett. e, punto 1), dall’altro, si prevede che, ai fini della “scelta del concessionario”, sia valorizzata sia l’esperienza già acquisita in attività di concessione pregresse, o in analoghe attività di “gestione di beni pubblici” (lett. e, punto 5).

Similmente, si prevede che “in sede di affidamento della concessione”, debba essere valutata la professionalità acquisita “anche” da parte di imprese che gestiscono concessioni demaniali (cfr. comma 2, lett. c).


Tale antinomia, se non ricondotta ai canoni elaborati dalla giurisprudenza amministrativa in ambito concorsuale, potrà facilmente portare a contenziosi.

Si consideri, difatti, che, nei pubblici appalti, numerose decisioni ritengono discriminatorio e non proporzionato il fatto di limitare i requisiti esperienziali necessari per la partecipazione a solo quelli maturati in ambito pubblico (dacché la natura giuridica pubblica o privata del committente non è indice di necessaria maggiore qualificazione, specie se non accompagnata da una valutazione degli esiti qualitativi).


Per quanto concerne, poi, i criteri di assegnazione, l’art. 2 ter, oltre a quanto sopra cennato, elenca, in parti diverse, una serie di elementi qualitativi, di eterogenea natura, tra cui:

- la valorizzazione di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori, della protezione dell'ambiente, e della salvaguardia del patrimonio culturale (comma 2, lett. c);

- il possesso della certificazione della parità di genere (lett. e, punto 2);

- la qualità e le condizioni del servizio offerto agli utenti alla luce del programma di interventi indicati dall'offerente per migliorare l'accessibilità e la fruibilità del demanio, nonché la idoneità di tali interventi ad assicurare il minimo impatto sul paesaggio, sull'ambiente e sull'ecosistema, con preferenza dei programmi di interventi che prevedano attrezzature non fisse e completamente amovibili lett. e, punto 4).


Singolarmente, il disegno di legge non contempla che l’offerta dei concorrenti si estenda anche al canone di concessione (ad esempio mediante formula al rialzo rispetto a quello a base di gara), prevedendosi al riguardo (cfr. la lett. f), solo l’approvazione di criteri uniformi per la sua quantificazione.

Ciò mentre, tra i criteri di aggiudicazione, figurano anche:

- la circostanza che, nei cinque anni antecedenti l'avvio della procedura, la concessione sia stata prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare (lett. e, punto 5.2.);

- gli investimenti, il valore aziendale dell'impresa e dei beni materiali immateriali, e la professionalità acquisita anche da parte di imprese titolari di strutture turistico-ricettive che gestiscono concessioni demaniali (comma 2, lett. e).


Così come per quanto detto circa il criterio incentrato sulle esperienze concessorie pregresse, trattasi anche in questi ultimi casi di aspetti foriero di possibili criticità giuridiche; a parte la difficoltà di concreta formulazione di simili criteri nella singola gara, i medesimi finiscono inevitabilmente per incidere su quelle condizioni di paritaria partecipazione che la riforma dovrebbe mirare a perseguire.

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