Le interferenze tra misure di prevenzione patrimoniali e procedure esecutive e concorsuali
Da sempre vi è una imprescindibile e doverosa tensione, da parte del Legislatore e, prima ancora, degli operatori del diritto chiamati ad applicare la legge, al contemperamento tra i non necessariamente opposti – ma, di sicuro, divergenti – interessi in gioco, laddove la fattispecie penale e quella civile vanno a intersecarsi.
Vale a dire, da un lato, tutelare concretamente l’interesse pubblico a vedere assicurata l’effettività della misura preventiva a carattere patrimoniale, che può definirsi come il sottrarre alla disponibilità del soggetto che ne venga attinto quei beni e/o patrimoni che si ritengano acquisiti e/o illecitamente detenuti e, dunque, prevenire la commissione di ulteriori reati.
Dall’altro lato, valorizzare l’interesse del terzo creditore in buona fede. Detto interesse si sostanzia – previa verifica che il credito non sia strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego e dimostrata l’“estraneità di questi a qualsiasi collusione o compartecipazione all’attività criminosa del debitore; l’inconsapevolezza credibile in ordine alle attività svolte dal prevenuto; l’errore scusabile sulla situazione apparente del prevenuto” per parafrasare Cass. Penale, Sez. V, 27 gennaio 2020 (udienza 18 novembre 2019), n. 3250 – nel vedere concretamente soddisfatta la pretesa legittima del proprio credito.
Tali diverse aspettative e finalità, prendendo le mosse dai primi interventi, anche patrimoniali, nei confronti degli indiziati di appartenere alle organizzazioni criminali di tipo mafioso, hanno caratterizzato molte delle modifiche della Legge n. 575/1965, successivamente abrogata.
Quest’ultima, come noto, originariamente non prevedeva alcuna norma di raccordo e/o coordinamento tra i provvedimenti di prevenzione patrimoniale e le procedure esecutive pendenti, o da radicarsi, da parte di soggetti diversi dai concessionari della riscossione pubblica.
Veniva, quindi, affermata la tendenziale incompatibilità tra la confisca, quale provvedimento di prevenzione patrimoniale, e le procedure esecutive. Pertanto, si aveva la sottoposizione dei beni attinti dalla predetta misura ablatoria al regime proprio dei beni demaniali o del patrimonio indisponibile dello Stato.
Basti pensare che numerose sono state le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento alla Legge n. 575/1965 e altrettanto può dirsi degli interventi interpretativi, quando non correttivi, della Corte di Cassazione.
Senza dimenticare, in ogni caso, che la Legge 13.9.1982, n. 646 (cosiddetta legge Rognoni-La Torre) ha ampliato l’originario perimetro del 1965, inserendo delle disposizioni che consentono il sequestro dei beni nella disponibilità del destinatario della misura personale – secondo il cosiddetto principio dell’accessorietà – anche se intestati a prestanome, e, all’esito di un contraddittorio “semplificato”, la loro confisca. I nuovi istituti presentano, secondo l’opinione dominante, carattere “preventivo”.
Non è questa la sede per soffermarci sulle diverse tesi circa la natura della confisca introdotta nell’ordinamento con la legge n. 646/1982 e attualmente disciplinata dagli artt. 16 e ss. del d.lgs. n. 159/2011 (c.d. “Codice antimafia” - Nota 1). Si rinvia, quindi, quanto alla affermata natura preventiva, con conseguente ammissibilità dell’efficacia retroattiva della misura, alla sentenza della Cass., SS.UU. Penali, 2.02.2015 n. 4880.
Parimenti, esorbita da questo spazio addentrarci nella, ulteriore, disamina delle diverse tipologie di misure preventive patrimoniali (o reali, che dir si voglia) e nella distinzione tra misure di sicurezza patrimoniali e misure preventive patrimoniali.
Quel che è certo è che, ancora oggi, permangono orientamenti non univoci a proposito, tra le altre, delle interferenze tra il sequestro penale e le procedure esecutive pendenti, nonostante l’entrata in vigore del D. Lgs. 6 settembre 2011 n. 159 “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136” (Nota 2) e della Legge 24 dicembre 2012 n. 228, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)” che aveva, tra l’altro, previsto una disciplina transitoria per le fattispecie pendenti alla data di entrata in vigore del cosiddetto Codice antimafia.
Non può a tal proposito e con espresso riferimento alla posizione delle Banche e alla loro tutela, trascurarsi l’intervento chiarificatore della sentenza Cass., SS.UU., Civili, (ud. 26.02.2013) 7.05.2013 n. 10532 in tema di rapporti tra ipoteca e confisca penale in sede di controversie insorte in data anteriore all’entrata in vigore del Codice antimafia.
Pronuncia che è intervenuta, tra l’altro, a spiegare quali siano le condizioni che debbono sussistere perché l’ipoteca sia opponibile allo Stato e a chi spetti provare l’eventuale buona o mala fede del terzo creditore ipotecario che intenda conservare la garanzia del proprio credito.
Sino alla sentenza in commento, la giurisprudenza penale si era prevalentemente orientata nell’affermare che non fosse sufficiente, ai fini dell’opponibilità della garanzia reale, che l’ipoteca fosse stata costituta, mediante iscrizione nei pubblici registri, in data anteriore alla trascrizione del sequestro ex art. 2 ter Legge n. 575/1965 e, a maggior ragione, del provvedimento di confisca.
Era, infatti, necessario che il terzo creditore ipotecario dimostrasse di essersi trovato in una situazione di buona fede e affidamento incolpevole; ossia, che dimostrasse la propria estraneità alla compagine mafiosa e di essersi fidato senza colpa – sulla base di una “situazione di oggettiva apparenza” – del soggetto nei cui confronti aveva acquistato la garanzia e, comunque, previa diligente ed effettiva acquisizione di informazioni sul conto di quest’ultimo.
Premessa una puntuale ricognizione del quadro normativo in sede penale – distinguendo, in tale ambito, tra confisca quale misura di sicurezza reale e confisca quale misura di prevenzione patrimoniale e, ancora, tra ipotesi speciali di confisca e confisca disposta dalla legislazione speciale – e in sede sovranazionale, le Sezioni Unite del 2013 passano, poi, in rassegna le prime modifiche apportate, nel 1982 e nel 2010, alla Legge n. 575/1965, evidenziando forti e persistenti lacune, a fronte del possibile intervento dei terzi acquirenti nel procedimento penale, mancando “un organico sistema di coordinamento tra gli interessi dello Stato ad acquisire il bene con la confisca e la tutela delle posizioni dei terzi [tanto che] un tale coordinamento non ha, neppure, investito il rapporto fra il procedimento di prevenzione penale e la procedura esecutiva in corso”.
Con l’introduzione, sempre nel 2010, dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, danno sempre conto gli Ermellini, si è adottata una parvenza di tutela del terzo titolare di diritti di garanzia, prevedendo la facoltà di applicare un istituto analogo a quello previsto per la liberazione delle ipoteche da parte del terzo acquirente ex artt. 2889 ss. c.c..
Ulteriori tutele sono state, come noto, introdotte al titolo VI del D. Lgs. n. 159/2011, rubricato “Tutela dei terzi e rapporti con le procedure concorsuali”, cui hanno fatto seguito il correttivo e le modifiche apportate con il D. Lgs. n. 218/2012 e le ulteriori novità inserite nella Legge n. 228/2012 – Legge di stabilità del 2013.
Quest’ultima, in estrema sintesi, ha dettato una disciplina tendenzialmente uniforme per le misure di prevenzione disposte prima dell’entrata in vigore del Codice antimafia, distinguendo ulteriormente, quanto alle confische soggette alla Legge n. 575/1965, a seconda che il provvedimento sia stato emesso, o meno, al 1.1.2013; e ancora, per le confische già disposte a tale data e per i beni assoggettati a esecuzione forzata, tra quelli già oggetto di aggiudicazione, anche provvisoria, o trasferimento e quelli non ancora aggiudicati o trasferiti.
Con la pronuncia in commento, la Cassazione evidenzia come dalla lettura dell’art. 1, comma 194, della Legge n. 228/2012 sembrerebbe che l’inibitoria delle azioni esecutive per i beni non assoggettati al Codice Antimafia riguarderebbe solamente i beni confiscati e non comporterebbe la sospensione dei pignoramenti del patrimonio sequestrato, sino all’eventuale misura ablatoria definitiva.
Per i predetti beni, oggetto di confisca alla data del 1.1.2013 ma non ancora aggiudicati, ai sensi dell’art. 1, comma 194, Legge n. 228/2012 “non possono essere iniziate o proseguite, a pena di nullità, azioni esecutive”. Infine, ai sensi dell’art. 1, comma 197 della predetta Legge gli oneri e i pesi iscritti o trascritti sugli stessi anteriormente alla confisca sono estinti di diritto.
E, per dirla con le parole dei Giudici della Suprema Corte “la salvaguardia del preminente interesse pubblico, dunque, giustifica il sacrificio inflitto al terzo in buona fede, titolare di un diritto reale di godimento o di garanzia, ammesso ora ad una tutela di tipo risarcitorio. Il bilanciamento dei contrapposti interessi viene, quindi, differito ad un momento successivo, allorché il terzo creditore di buona fede chiederà – attraverso l’apposito procedimento – il riconoscimento del suo credito”.
Sicché, “superando la condivisa opinione della giurisprudenza civile e penale sulla natura derivativa del titolo di acquisto del bene immobile da parte dello Stato a seguito della confisca, il legislatore ha inteso ricomprendere questa misura nel solco delle cause di estinzione dell'ipoteca disciplinate dall'art. 2878 c.c. Alla stregua di tale normativa, dunque, in ogni caso, la confisca prevarrà sull'ipoteca”.
Non si è sopito, però, il dibattito con riferimento ai sequestri previsti dal D. Lgs. n. 159/2011, la cui applicazione parrebbe essere stata estesa alle confische disposte dalle leggi speciali.
La Cass. Penale, Sez. III, 2 novembre 2021, n. 39201 ha, in questo senso, affermato che “le disposizioni in materia di tutela dei terzi e di esecuzione del sequestro previste dal codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, si applicano anche alle confische disposte da fonti normative poste al di fuori del codice penale e, dunque, anche a quella disposta ai sensi dell’art. 12 bis D. Lgs. n. 74 del 2000”.
Più di recente, sempre la Cassazione Penale, con la sentenza n. 16341/2022 ha ritenuto parificata la tutela tra i creditori incisi da confisca di prevenzione e creditori incisi da confisca penale (ex art. 12 sexies Legge n. 356 del 1992, ora art. 240 bis c.p.)
Di contro, circa un anno prima, la Cass. civ., Sez. III, 10 dicembre 2020, n. 28242 aveva, dal canto suo previsto che “la speciale disciplina dettata dall'art. 55 del d.lgs. n. 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), come modificata dalla l. n. 161 del 2017, è applicabile esclusivamente alle ipotesi di confisca ivi previste o da norme che esplicitamente vi rinviano (come l'art. 104 bis disp. att. c.p.p.), con conseguente prevalenza dell'istituto penalistico sui diritti reali dei terzi che, solo se di buona fede, possono vedere tutelate le loro ragioni in sede di procedimento di prevenzione o di esecuzione penale; viceversa, la predetta disciplina non è suscettibile di applicazione analogica a tipologie di confisca diverse, per le quali, nei rapporti con le procedure esecutive civili, vige il principio generale della successione temporale delle formalità nei pubblici registri, sicché, ai sensi dell'art. 2915 c.c., l'opponibilità del vincolo penale al terzo acquirente in executivis dipende dalla trascrizione del sequestro (ex art. 104 disp. att. c.p.p.) che, se successiva all'acquisto, impedisce la posteriore confisca del bene acquisito dal terzo "pleno iure".
È pure vero che in questo caso la misura patrimoniale, colpisce beni che non presentano un rapporto di pertinenzialità con il reato e di cui il reo/l’imputato non sia in grado di giustificare la provenienza e che il peculiare meccanismo di accertamento del credito ai sensi dell’art. 55 del Codice antimafia e il contestuale divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali palesino, anche, il fine di evitare che il ricavato del bene ritorni, per interposizione fittizia, nella disponibilità del soggetto da questa attinto.
E che dire, poi, delle misure patrimoniali di carattere reale non riconducibili alla disciplina dell’art. 104 bis comma 1 quater disp att. c.p.p.?
Tanto più alla luce della intervenuta modifica, a opera del D. Lgs. n. 14/2019 dell’art. 104 bis disp. att. c.p.p., per quanto qui specificamente interessa, nel senso che per i sequestri di cui al secondo comma dell’art. 321 c.p.p. la tutela dei terzi creditori ed i rapporti con la procedura concorsuale sono regolati dagli artt. 52 e ss. del Codice antimafia.
In aggiunta, la Corte di Cassazione Penale ha spesso affermato che il conflitto debba risolversi in favore del creditore procedente quando il pignoramento dei crediti dell’esecutato sia anteriore a quello penale che dispone la confisca (tra le altre Cass. Penale, Sez. III, n. 51043/2018).
Al contrario, per la Cassazione Civile l’esigenza pubblicistica sottesa alla confisca dei beni prevale tendenzialmente su quella del creditore pignorante, indipendentemente dalla priorità temporale del pignoramento, con la sola condizione che – all’atto dell’adozione della confisca – il bene pignorato appartenga ancora al debitore (tra le altre, Cass. civ., Sez. III, 30 novembre 2018, n. 30990).
Di recente, però, la stessa Cass. Penale, con la sentenza resa dalla Sez. IV 5 maggio 2021 n. 20125 ha affermato che “La funzione del sequestro penale è quella di sottrarre all’indagato la disponibilità del bene in funzione della successiva apprensione da parte dello Stato, ma l’acquisto in favore dello Stato, in caso di confisca, avviene a titolo derivativo e non originario, dal che si deduce la salvezza dei diritti reali di terzi se acquistati in epoca anteriore al sequestro funzionale alla confisca, di competenza del giudice penale all’esito dell’accertamento di merito rispetto al quale la cautela è strumentale”.
Tesi che, salvo errori di interpretazione, riecheggia quella del precedente Cass. civ. n. 28242/2020, almeno laddove afferma che “qualora il bene pignorato sia attinto da un sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p., il conflitto tra il sequestrante e il creditore procedente, ovvero l’aggiudicatario, deve essere risolto in base alla regola dell’ordo temporalis delle formalità pubblicitarie e, pertanto, prevale chi ha trascritto o iscritto per primo” (così, tra gli altri, il Tribunale di Torino, con l’ordinanza 22 giugno 2022, est. Peila).
Appare, quindi, quanto mai opportuno un ennesimo intervento nomofilattico delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
A riprova della necessità di un intervento chiarificatore, si rinvia alla recentissima ordinanza di rinvio Cass. pen, sez. III, (ud. 29.11.2022) 22 febbraio 2023 n. 7633, che ha devoluto alle Sezioni Unite il seguente quesito: “se, in caso di fallimento dichiarato anteriormente alla adozione del provvedimento cautelare di sequestro preventivo, emesso nel corso di un procedimento penale relativo alla commissione di reati tributari, avente ad oggetto beni attratti alla massa fallimentare, l’avvenuto spossessamento del debitore erariale, indagato o, comunque, soggetto inciso dal provvedimento cautelare, per effetto della apertura della procedura concorsuale operi o meno quale causa ostativa alla operatività del sequestro ai sensi dell’art. 12 bis, comma 1, D. Lgs. n. 74 del 2000, secondo il quale la confisca e, conseguentemente il sequestro finalizzato ad essa, non opera nel caso di beni, pur costituenti il profitto o il prezzo del reato, se questi appartengono a persona estranea al reato”.
L’ordinanza di rinvio è assai pregevole, per la sintesi e la chiarezza nella ricostruzione dei confliggenti orientamenti di legittimità. Conflitto che, anche con riferimento alle procedure concorsuali, vede sostanzialmente contrapposte la tesi secondo cui prevarrebbe l’interesse pubblico sotteso alla misura cautelare reale a quella che privilegia, invece, l’interesse dei terzi creditori.
Nello specifico, basti rammentare, Cass. pen., III sezione, 1 febbraio 2022 n. 3575, che “ha affermato la prevalenza del sequestro preventivo sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto di qualsiasi procedura concorsuale anche qualora la dichiarazione di fallimento sia intervenuta prima del sequestro”. Di contro, Cass. pen., III sezione, 8 luglio 2022 n. 26275 – rinviando a numerosi precedenti conformi – ha più di recente ritenuto che “è illegittimo il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca di cui al D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 12 bis, su beni già assoggettati alla procedura fallimentare, posto che il vincolo apposto a seguito della dichiarazione di fallimento importa lo spossessamento e il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito e l'attribuzione al curatore del compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento”.
Prendendo, quindi, le mosse dalla Cass. civ., SS.UU., 13 novembre 2019 n. 45936, che ha sancito che il curatore fallimentare è legittimato a chiedere la revoca del sequestro preventivo a fini di confisca di beni facenti parte del compendio fallimentare e ad impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale concernenti tali beni, indipendentemente dal fatto che il vincolo sia stato disposto anteriormente o successivamente alla dichiarazione del fallimento e dando atto del persistente conflitto di orientamenti anche con riferimento alla pretesa obbligatorietà o meno della confisca disposta ai sensi del D. Lgs. n. 74/2000, la III Sezione penale della Corte di Cassazione sollecita il quanto mai opportuno intervento delle Sezioni Unite che, a sommesso avviso di chi scrive, dovrebbe intervenire anche circa la affermata applicabilità della speciale disciplina dettata dall'art. 55 del D. Lgs. n. 159 del 2011 anche alle confische disposte da fonti normative poste al di fuori del codice penale e, dunque, anche a quella disposta ai sensi dell’art. 12 bis D. Lgs. n. 74 del 2000.
1) Per un approfondimento sulla improprietà della dizione e sulla sentenza Cass., SS.UU. Civili, (ud. 26.02.2013) 7.05.2013 n. 10532 di cui a breve, MENDITTO, Le Sezioni Unite Civili sulla tutela dei terzi nella confisca di prevenzione dopo la Legge n. 228/2012: l’ambito di applicabilità della nuova disciplina (https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/upload/1369576205MENDITTO%202013a.pdf).
2) Come noto, pubblicato in G.U. 28 settembre 2011 n. 226 e modificato dalla Legge n. 17 ottobre 2017 n. 161 che, peraltro, ha unificato la disciplina del trattamento delle posizioni creditorie incise dalle diverse tipologie di confisca (di prevenzione o estesa che sia).
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