Come noto l’ordinanza Cass. civ., sez. I, 9.02.2022 n. 4117 aveva rimesso al primo Presidente, per l’eventuale rinvio alle Sezioni Unite civili della Suprema Corte, la questione inerente agli effetti del della violazione dell’ammontare massimo dei finanziamenti stabilito dall’art. 38, comma 2, TUB.
Sino al 2017 si era esclusa la nullità del mutuo per superamento del limite di finanziabilità; mentre la sentenza n. 17352 aveva affermato l’opposto. In quella occasione, quindi la Corte di Cassazione – cui successivamente si era conformata la maggior parte dei Giudici di merito – pur ribadendo la non riconducibilità della suddetta violazione alla nullità testuale di cui all’art. 117 TUB, aveva qualificato il rispetto del limite di finanziabilità quale elemento essenziale del contenuto del contratto, stante la natura asseritamente pubblica dell’interesse tutelato, conclusivamente sancendo la nullità del contratto stesso in caso di violazione del limite di cui all’art. 38, comma 2, TUB, fatta salva la possibilità di conversione del contratto in ordinario mutuo ipotecario, sussistendone i presupposti e a istanza della banca nel primo momento utile successivo alla rilevazione della nullità.
Ripercorrendo analiticamente le tesi poc’anzi compendiate, la sentenza Cass. Civ. SS. UU. 16.11.2022 n. 33719 non ha condiviso “la tesi ricostruttiva invalsa nella giurisprudenza di legittimità a partire dal 2017 (dalla quale hanno dissentito le richiamate pronunce della III Sezione), sulla base di plurime considerazioni [preliminarmente evidenziando che agli] orientamenti interpretativi sviluppatisi in materia sono comuni le affermazioni, senz’altro condivisibili, che escludono la possibilità di configurare una ipotesi di nullità testuale del contratto per superamento del limite massimo di finanziabilità, in mancanza di una espressa previsione normativa in tal senso, non riscontrabile nell’articolo 117, ottavo comma, t.u.b. (…)”, escludendo così “che sia configurabile una nullità per un vizio incidente su elementi essenziali intrinseci alla fattispecie negoziale, relativi alla struttura o al contenuto del contratto”.
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Le Sezioni Unite hanno, quindi, affermato il seguente principio di diritto: “qualora i contraenti abbiano inteso stipulare un mutuo fondiario corrispondente al modello legale (finanziamento a medio o lungo termine concesso da una banca garantito da ipoteca di primo grado su immobili), essendo la loro volontà comune in tal senso incontestata (o, quando contestata, accertata dal giudice di merito), non è consentito al giudice riqualificare d’ufficio il contratto, al fine di neutralizzarne gli effetti legali propri del tipo o sottotipo negoziale validamente prescelto dai contraenti per ricondurlo al tipo generale di appartenenza (mutuo ordinario) o a tipi contrattuali diversi, pure in presenza di una contestazione della validità sotto il profilo del superamento del limite di finanziabilità, la quale implicitamente postula la corretta qualificazione del contratto in termini di mutuo fondiario”.
Vediamo di seguito, senza pretesa di esaustività, i punti salenti del ragionamento compiuto dalle Sezioni Unite.
Ad avviso di chi scrive è condivisibile l’assunto secondo cui “Il limite dell’ottanta per cento è, peraltro, aumentabile sino al cento per cento in presenza di garanzie integrative offerte dalla parte mutuataria, il che è un primo elemento contrario alla valutazione della disposizione in termini di inderogabilità, in assenza di elementi testuali inequivocabilmente indicativi della volontà del legislatore primario di conformare direttamente il contenuto specifico dell’oggetto del contratto con i mutuatari o, al contrario, di porre una regola di condotta per le banche erogatrici del credito, tenute a rispettarla in quanto sottoposte alla vigilanza della Banca d’Italia”.
Senza trascurare che, “L’indicazione nel contratto di mutuo fondiario del valore del bene offerto in garanzia o del costo delle opere, inoltre, non assurge a requisito di forma prescritto ad substantiam, non essendo previsto come tale dalla disciplina di cui agli articoli 38 e 117 t.u.b., poiché non rientra nell’ambito delle condizioni contrattuali di carattere economico (cfr. Cass. sez. I n. 29745 del 2018): ciò costituisce un ulteriore elemento contrario alla qualificazione dell’articolo 38, secondo comma, in termini imperativi”.
Né, del resto, le argomentazioni della sentenza del 2017 hanno colto nel segno sotto i profili dell’interesse protetto dall’art. 38, comma 2, TUB, posto che “Se è vero che qualsiasi disposizione di legge, in quanto generale e astratta, presenta profili di interesse pubblico, seppur disciplinante atti negoziali, ciò non basta a connotarla in termini imperativi, dovendo pur sempre trattarsi di «preminenti interessi generali della collettività» o «valori giuridici fondamentali»(così Cass. SU n. 8472 del 2022 cit.), quale non è quello di cui si tratta che mira a preservare la stabilità patrimoniale degli istituti di credito e impedire il verificarsi di situazioni di squilibrio tra garanzie acquisite e concessione di credito, come condivisibilmente rilevato dai precedenti del 2013 (n. 26672 e 27380)”.
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