i. Per i legali che operano nel settore degli appalti, e per le imprese che essi assistono, è noto che la materia dei requisiti generali di partecipazione è quella più sovente oggetto di confronti nelle aule della Giustizia Amministrativa.
La difficoltà se non impossibilità di contestare tramite ricorso l’aggiudicazione a terzi relativamente al giudizio di bontà tecnico/qualitativa, unita all’alto costo delle impugnative anche già a livello di tassazione (vedi contributo unificato), hanno fatto propendere gli operatori per quei soli ricorsi il cui esito possa essere immediatamente satisfattivo, portando all’esclusione dell’aggiudicatario, ed al conseguente subentro della ricorrente seconda classificata; ciò può avvenire proprio nel caso in cui si contesti che l’aggiudicatario difettava di un requisito di partecipazione.
Negli anni di vigenza dell’attuale codice degli appalti (di cui d.lgs. 50/2016), uno dei temi più problematici è stato rappresentato dalla causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), secondo cui le stazioni appaltanti escludono l’operatore ove dimostri “con mezzi adeguati” che l'operatore economico si è reso colpevole di “gravi illeciti professionali”, tali da rendere dubbia la sua “integrità o affidabilità”.
In sede giurisprudenziale vi è stata da una lato una lettura espansiva del “grave illecito professionale”, riconducendo ad esso anche la ipotesi di procedimenti penali non sfociati in una decisione definitiva di condanna, o anche solo principiati.
Dall’altro lato, si è posto il tema della mancata definizione di tale illecito anche rispetto ad altre ipotesi non penalmente rilevanti.
Per questo motivo, la legge delega sulla riforma del codice, si poneva come obbiettivo sia la razionalizzazione e semplificazione in generale delle cause di esclusione, e sia, in particolare, la esatta individuazione delle fattispecie che configurano l'illecito professionale.
ii. Avuto riguardo al testo della firma come approvato dal Consiglio di Stato, l’obiettivo non sembra pienamente raggiunto.
A livello di semplificazione, e di mero dato quantitativo, la unica pregressa norma di cui all’art. 80 (complessivi 16 commi), del d.lgs. 50/2016, è stata articolata in 5 diversi articoli (dal 94 al 98), per un totale di 35 commi (di dimensione letterale sovente assai estesa).
Quanto agli “illeciti professionali”, nel confermarsi la scelta di ricondurvi ricorrenze penali non ancora assurte a condanne definitive (ad esempio, l’avvenuto rinvio a giudizio), rimane incerto il concetto di “gravità”.
A tal riguardo la formula rimanda difatti a quegli stessi elementi di “affidabilità” e “integrità” che rappresentano gli ulteriori presupposti applicativi della norma, salva l’aggiunta di un avverbio (“in modo evidente”) che inevitabilmente innescherà diverse e non omogenee interpretazioni.
Inoltre, sul piano dei “mezzi di prova” dei reati, la stessa viene derivata tout court dagli stessi provvedimenti giudiziari non definitivi, così limitando la teorica natura discrezionale del giudizio da effettuarsi da parte delle stazioni appaltanti, che permane solo per quanto riguarda la valutazione della “rilevanza” (anch’essa assai discrezionale) rispetto al bene giuridico tutelato.
iii. Altre novità vanno senz’altro nel senso della semplificazione, o, meglio, nella riduzione delle ipotesi di esclusione.
Tra queste la eliminazione, per quanto attiene al rilievo soggettivo delle causa di automatica esclusione legata alle condanne penali definitive:
- del riferimento alle società il cui amministratore sia cessato nella carica nell’anno precedente il bando di gara (prima ammesse a partecipare solo in caso del cosiddetto self cleaning);
- del riferimento al socio di maggioranza delle società con numero di soci pari o inferiore a quattro.
Nondimeno, è comunque difficile cogliere una univoca scelta di indirizzo politico legislativa, ove si consideri che il cd. “illecito professionale” può avere un rilievo temporale assai esteso (3 anni, peraltro non dal realizzarsi del fatto, ma dalla data del provvedimento penale), mentre, nel caso di sentenze di condanna definitive, la durata della esclusione, in quanto legata a quella della pena, può essere sensibilmente inferiore (se non nulla; vedi il caso delle dimissioni dell’amministratore condannato).
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