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La responsabilità dei sindaci nel nuovo codice della crisi

Immagine del redattore: Alessandro FacchiniAlessandro Facchini

In base alla art. 255 rubricato “ azione di responsabilità” del nuovo codice della crisi il curatore, autorizzato ai sensi dell’articolo 128, comma 2, può promuovere o proseguire, anche separatamente:

  • a) l’azione sociale di responsabilità;

  • b) l’azione dei creditori sociali prevista dall’articolo 2394 e dall’articolo 2476, sesto comma, del codice civile;

  • c) l’azione prevista dall’articolo 2476, settimo comma, del codice civile;

  • d) l’azione prevista dall’articolo 2497, quarto comma, del codice civile;

  • e) tutte le altre azioni di responsabilità che gli sono attribuite da singole disposizioni di legge.


La disposizione prevede, dunque,  l’attribuzione al curatore della legittimazione ad esercitare o, se pendenti, a proseguire - anche separatamente-  e, quindi, non più in forma necessariamente cumulativa - con l’esclusione, se si tratta del medesimo pregiudizio, di plurimi risarcimenti - le azioni risarcitorie previste in favore della società (come nei casi previsti dagli artt. 2392, 2393, 2476, 2485 e 2486 c.c.) e dei creditori sociali (a norma degli artt. 2394 e 2476, comma 5-bis, c.c. e, in quanto ad esse riconducibili, degli artt. 2485 e 2486 c.c.), nei confronti dei relativi legittimati passivi che, a differenza della precedente disciplina, la norma non prevede più espressamente, onde evitare questioni di una più o meno vasta area di differente applicazione soggettiva.


L’azione tuttavia continua a riguardare:

  • gli amministratori (artt. 2392, 2393, 2394, 2485, 2486 c.c.), 

  • i liquidatori (art. 2489 c.c.),

  • i sindaci (artt. 2407 e 2477 c.c.), 

  • i revisori contabili (art. 15 del d.lgs. n. 39 del 2010)

  • i direttori generali (art. 2396 c.c.) 


della società in liquidazione giudiziale

  •  nonché i soci della società a responsabilità limitata che abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato l’atto di mala gestio degli amministratori della società in liquidazione giudiziale (art. 2476, settimo comma, c.c.) 

  • ed i soggetti ai quali le predette norme si applicano, come i componenti del consiglio di gestione o del consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico (artt. 2409-decies e art. 2409-undecies c.c.) ed i componenti del consiglio di amministrazione del sistema monistico (art. 2409-noviesdecies, primo comma, c.c.)


La disposizione in esame, inoltre, attribuisce al curatore della liquidazione giudiziale della società soggetta ad altrui direzione e coordinamento la legittimazione ad esercitare l’azione attribuita ai relativi creditori dall’art. 2497, quarto comma, c.c. La disposizione, poi, con una norma di chiusura a carattere generale, ha stabilito che il curatore è legittimato ad esercitare le (sole) azioni di responsabilità che (nel rispetto della riserva prevista dall’art. 81 c.p.c.) gli sono attribuite da singole disposizioni di legge, in tal modo superando l’incerta disposizione in vigore, che attribuisce al curatore la legittimazione ad esercitare “le azioni di responsabilità” senza altra precisazione. La norma, infine, non ha riprodotto la previsione per cui le azioni di responsabilità in esame devono essere esercitate dal curatore previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, in tal modo semplificandone l’esercizio, che rimane, così, assoggettato alle medesime disposizioni che regolano ogni altro tipo di iniziativa giudiziaria del curatore.


Passando più nello specifico al tema del presente approfondimento ovvero la responsabilità dei sindaci, va premesso che come ormai noto, il complesso delle disposizioni introdotte dal CCII rappresenta il manifesto culturale del sistema di early warnings destinato a favorire l’emersione tempestiva della crisi sul presupposto che  intercettare tardivamente la situazione di difficoltà dell’impresa rappresenta un danno per il sistema (principio esposto dal Considerando n. 22 della Direttiva UE 1023/2019).


Il fulcro è quindi l’obbligo per l’impresa di dotarsi di assetti adeguati e funzionanti e Il sistema è improntato a principi di integrazione delle norme del codice civile col  codice della crisi, alla anticipazione, a fini di prevenzione, degli obblighi di intervento e quindi della  responsabilità degli organi societari con una crescente procedimentalizzazione endosocietaria e una crescente responsabilizzazione degli organi sociali fra cui rientrano i Sindaci e con la conseguente  estensione (penalizzante) della quantificazione del danno risarcibile.


Da qui un nuovo ruolo del collegio sindacale. Si possono ora indicare più fasi in cui i Sindaci devono svolgere il loro ruolo di vigilanza:

a) indipendente dal verificarsi di una situazione di crisi i Sindaci devono attivarsi per verificare che gli assetti istituiti dall’organo amministrativo ai sensi dell’art. 2086 c.c. e dell’art. 3 CCII siano configurati in modo adeguato a fare emergere non solo le situazioni di crisi, ma anche quelle di probabile crisi (art. 2403 I comma c.c.); inoltre i Sindaci devono costantemente verificare che gli assetti abbiano concreto funzionamento durante tutta la vita della società (art. 2403 I comma c.c.);

b) all’insorgere di una situazione di pre-crisi  i sindaci devono attivarsi affinchè l’organo amministrativo adotti gli strumenti di natura privatistica idonei a riequilibrare la società;

c) all’insorgere di una situazione di crisi, nell’inerzia dell’organo amministrativo, i sindaci (non il revisore) debbono segnalare con istanza scritta e motivata la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di Composizione negoziata di cui all’art. 17 del CCII; (secondo quanto previsto dall’art. 25-octies del medesimo CCII);

d) infine, in caso di accesso alla composizione negoziata, permangono in capo ai sindaci gli ordinari doveri di vigilanza di cui all’art. 2403 c.c. anche durante le trattative con i creditori svolte sotto la supervisione dell’esperto.


Importanti e determinanti sono i flussi informativi verso il collegio sindacale. L’Organo di controllo è infatti  al centro di un sistema di obblighi informativi, complesso e arricchito anche dal CCII, che dovrebbe garantire l’acquisizione delle informazioni rilevanti circa l’emersione di una situazione di difficoltà della società, il tutto attraverso:

a) la partecipazione alle adunanze del consiglio di amministrazione e alle riunioni del comitato esecutivo (art. 2405 I comma c.c);

b) la partecipazione alle assemblee (art. 2405 II comma c.c.);

c) le informazioni che provengono dal revisore;

d) l’esercizio dei poteri ispettivi e di vigilanza (art. 2403-bis c.c.);

e) le comunicazioni con cadenza semestrale (o inferiore se previste dallo statuto) ricevute dagli organi delegati sul generale andamento della    gestione sulla sua prevedibile evoluzione e sulle operazioni di maggior rilievo (Art. 2381 V comma c.c..);

f) gli obblighi informativi specificamente previsti proprio dagli assetti;

g) le denunce dei soci (art. 2408 c.c.);

h) gli obblighi di segnalazione dei creditori pubblici qualificati (art. 25-novies CCII);

i) gli obblighi di segnalazione di Banche e intermediari  finanziari (art. 25-decies CCII).


Ma quali sono la responsabilità dei sindaci nel nuovo codice della crisi?

I sindaci vigilano sull’osservanza della legge e dello statuto, sulla corretta amministrazione e, in particolare, sull’adeguatezza e sul concreto funzionamento dell’assetto organizzativo (art. 2403 c.c.).

I Sindaci devono adempiere con professionalità e diligenza specifiche e sono responsabili, solidalmente con gli amministratori, per i fatti e le omissioni di questi quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica (art. 2407 c.c.)

Nel sistema del Codice Civile (artt. 2086 II comma, 2381 V comma e 2403 I comma) integrato dal CCII (artt 3, 17 e 25-octies) l’obbligo di vigilare sull’adeguatezza degli assetti va inteso alla stregua di una vera e propria clausola generale munita di autonoma precettività. Essa si traduce in una nuova obbligazione a carico dei sindaci. I sindaci che non adempiono alle norme del Codice Civile in termini di tempestivo monitoraggio delle situazioni di difficoltà dell’impresa rispondono con il loro patrimonio dei danni prodotti dagli amministratori e non evitati.


Dunque quali regole di comportamento in concreto devono seguire i sindaci?

I Sindaci devono:

- informarsi costantemente sull’andamento della società e sulle operazioni   societarie e gestionali più rilevanti;

- annotare diligentemente sui libri eventuali dissensi o denunce di irregolarità;

- convocare l’assemblea ove si ravvisino fatti gravi su cui è urgente decidere;

- inviare la segnalazione di esistenza dei presupposti per l’attivazione della composizione negoziata di cui all’art. 17 CCII e vigilare sul funzionamento  della procedura di risanamento;

- presentare istanza al Tribunale ai sensi dell’art. 2485 c.c.. affinchè venga accertata una causa di scioglimento della società ove gli amministratori omettano di iscrivere al Registro Imprese la relativa dichiarazione;

- presentare al Tribunale la denuncia per gravi irregolarità di cui all’art. 2409  c.c. 


Nel caso di liquidazione giudiziale, se nonostante tali comportamenti virtuosi il curatore ritiene che vi siano i presupposti per promuovere l’azione di responsabilità di cui all’art.255 CCII deve farsi carico dell’onere della prova.


Difatti, ai fini dell’accertamento della responsabilità dei componenti del collegio sindacale, per omesso controllo o per condotta inerte a fronte dei comportamenti illeciti dell’organo amministrativo della società di capitali, colui che propone l’azione ha l’onere di provare gli elementi costitutivi della fattispecie prevista dall’art. 2407 c.c. 


L’attore dovrà quindi fornire la prova del nesso di causalità tra l’omessa vigilanza e la causa del danno, che può ritenersi sussistente qualora il regolare svolgimento dell’attività di controllo del sindaco avrebbe potuto impedire o limitare il danno.


Con la sentenza n. 28357 dell’11 dicembre 2020, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito la questione relativa all’onere della prova del nesso di causalità necessario per poter configurare la responsabilità dei sindaci, in rapporto ai fatti illeciti consumati dagli amministratori.

La sentenza, oltre a richiamare i principi di diritto utili a delineare i confini della responsabilità per fatto proprio omissivo dei sindaci correlata alla condotta degli amministratori, ha fatto chiarezza sul riparto degli oneri probatori nel giudizio di responsabilità, evidenziando che il sindaco non risponde in modo automatico per ogni fatto dannoso che si sia determinato pendente societate, quasi avesse rispetto a questo una posizione generale di garanzia. Egli risponde ove sia possibile dire che, se si fosse attivato utilmente in base ai poteri di vigilanza che l’ordinamento gli conferisce e alla diligenza che l’ordinamento pretende, il danno sarebbe stato evitato. Afferma la Cassazione: «il sistema di diritto societario configura in capo ai sindaci, ai sensi dell'art. 2407 cod. civ., una responsabilità per fatto proprio omissivo, da correlarsi alla condotta degli amministratori.  I doveri di controllo imposti ai sindaci sono certamente contraddistinti da una particolare ampiezza, poiché si estendono a tutta l'attività sociale, in funzione della tutela e dell'interesse dei soci e di quello, concorrente, dei creditori sociali (Cass. n. 2772-99). Di modo che ad affermarne la responsabilità può ben esser sufficiente l'inosservanza del dovere di vigilanza. Questo accade, in particolare, quando i sindaci non abbiano rilevato una macroscopica violazione o non abbiano in alcun j modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità l' (ex aliis Cass. n. 13517-14, Cass. n. 23233-13), poiché in tal caso il mantenimento di un comportamento inerte implica che non si sia vigilato adeguatamente sulla condotta degli amministratori (o dei liquidatori) pur nella esigibilità di un diligente sforzo per verificare la situazione anomala e parvi rimedio, col fine di prevenire eventuali danni (cfr. di recente Cass. n. 18770-19).  Come in tutti i casi di concorso omissivo nel fatto illecito altrui, è però altrettanto certo che la fattispecie dell'art. 2407 cod. civ. richiede la prova di tutti gli elementi costitutivi del giudizio di responsabilità. E quindi: (i) dell'inerzia del sindaco rispetto ai propri doveri di controllo; (ii) dell'evento da associare alla conseguenza pregiudizievole derivante dalla condotta dell'amministratore (o, come nella specie, del liquidatore); (iii) del nesso causale, da considerare esistente ove il regolare svolgimento dell'attività di controllo del sindaco avrebbe potuto impedire o limitare il danno. Il nesso, in particolare, va provato da chi agisce in responsabilità nello specifico senso che l'omessa vigilanza è causa del danno se, in base a un ragionamento controfattuale ipotetico, l'attivazione del controllo lo avrebbe ragionevolmente evitato (o limitato).”


Tale decisione appare estremamente importante anche per la conclusione a cui giunge ovvero: “Il sindaco non risponde, cioè, in modo automatico per ogni fatto dannoso che si sia determinato pendente societate, quasi avesse rispetto a questo una posizione generale di garanzia. Egli risponde ove sia possibile dire che, se si fosse attivato utilmente (come suo dovere) in base ai poteri di vigilanza che j l'ordinamento gli conferisce e alla diligenza che l'ordinamento pretende, il danno sarebbe stato evitato.»

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