Lo scorso 15 luglio è entrato definitivamente in vigore il nuovo Codice della Crisi.
Con le ultime modifiche introdotte, il Governo ha recepito i princìpi contenuti nella Direttiva UE 1023/2019 (c.d. Direttiva Insolvency) e attratto all’interno del ccii le disposizioni del D.L. 118/2021 in materia di composizione negoziata della crisi.
Viene, dunque, data estrema rilevanza alla diagnosi precoce dello stato di crisi e alla salvaguardia della capacità imprenditoriale, prevedendo l’utilizzo di procedure che permettano all’imprenditore di intercettare tempestivamente segnali di allerta al fine di evitare l’irreversibilità della crisi e preservare la continuità aziendale. In sintesi: il complesso delle disposizioni introdotte dal CCI rappresenta il manifesto culturale del sistema di early warnings destinato a favorire l’emersione tempestiva della crisi sul presupposto che intercettare tardivamente la situazione di difficoltà dell’impresa rappresenta un danno per il sistema (principio esposto dal Considerando n. 22 della Direttiva UE 1023/2019).
Il fulcro, come è noto, è l’obbligo per l’impresa di dotarsi di assetti adeguati e funzionanti. Il sistema è improntato alla integrazione delle norme del Codice Civile col nuovo codice della crisi, alla anticipazione, a fini di prevenzione, degli obblighi di intervento e quindi della responsabilità degli organi societari; alla procedimentalizzazione endosocietaria; alla crescente responsabilizzazione degli organi sociali fra cui rientrano i Sindaci; alla estensione della quantificazione del danno risarcibile.
In questo contesto viene sviluppato il ruolo del collegio sindacale che non è più solo un dovere di controllo ex post ma è ora caratterizzato da un prevalente dovere proattivo di vigilanza.
Si possono indicare più fasi in cui i Sindaci devono svolgere il loro ruolo di vigilanza: indipendentemente dal verificarsi di una situazione di crisi, i Sindaci devono attivarsi per verificare che gli assetti istituiti dall’organo amministrativo ai sensi dell’art. 2086 c.c. e dell’art. 3 cci siano configurati in modo adeguato a fare emergere non solo le situazioni di crisi, ma anche quelle di probabile crisi. Inoltre i Sindaci devono costantemente verificare che gli assetti abbiano concreto funzionamento durante tutta la vita della società e all’insorgere di una situazione di precrisi devono attivarsi affinchè l’organo amministrativo adotti gli strumenti di natura privatistica idonei a riequilibrare la società. Quindi, in base alle disposizioni del nuovo codice della crisi, all’insorgere di una situazione di crisi, nell’inerzia dell’organo amministrativo, i Sindaci debbono segnalare agli organi amministrativi, con istanza scritta e motivata, la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di Composizione negoziata di cui all’art. 17 del codice della crisi secondo quanto previsto dall’art. 25-octies del medesimo codice. Infine, in caso di accesso alla Composizione negoziata, visto che l’amministratore conserva l’ordinaria e straordinaria amministrazione sulla fiducia del legislatore che confida così nel superamento della crisi, permangono in capo ai Sindaci gli ordinari doveri di vigilanza di cui all’art. 2403 c.c. anche durante le trattative con i creditori svolte sotto la supervisione dell’esperto. Dunque, più nello specifico, l’organo di controllo societario segnala per iscritto all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di Composizione Negoziata della Crisi, fissando un termine non superiore a 30 giorni entro cui gli amministratori devono riferire in merito alle iniziative intraprese. Tale termine non richiede la compiuta risoluzione dei problemi finanziari, economici o patrimoniali eventualmente oggetto di “allarme”, ma l’individuazione di possibili soluzioni e la pronta attivazione delle iniziative necessarie.
La segnalazione deve essere motivata e costituisce uno specifico dovere dell’organo di controllo e comporta l’analisi della risposta fornita dall’organo amministrativo. L’invio tempestivo della comunicazione assume valore ai fini della valutazione della responsabilità dei sindaci.
I doveri di segnalazione si applicano a tutti i collegi sindacali, al sindaco unico, al Comitato di controllo o Collegio di sorveglianza delle s.p.a. che abbiano adottato il sistema monistico ma non al revisore, in quanto il tenore letterale dell’articolo 25 octies del codice della crisi si riferisce esclusivamente all’Organo di controllo e non più anche al revisore (come originariamente previsto dall’articolo 14 del Codice della crisi in vigore dal 1° settembre 2021 al 14 luglio 2022).
Dunque, i Sindaci vigilano sull’osservanza della legge, dello statuto sulla corretta amministrazione e, in particolare, sull’adeguatezza e sul concreto funzionamento dell’assetto organizzativo. I Sindaci devono adempiere con professionalità e diligenza specifiche e sono responsabili, solidalmente con gli amministratori, per i fatti e le omissioni di questi quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica (art. 2407 c.c.)
Nel sistema del codice civile (artt. 2086, II comma, 2381, V comma, e 2403, I comma,) integrato dal codice della crisi (artt 3, 17 e 25-octies) l’obbligo di vigilare sull’adeguatezza degli assetti va inteso alla stregua di una vera e propria clausola generale munita di autonoma precettività. Essa si traduce in una nuova obbligazione a carico dei Sindaci.
I Sindaci che non adempiono alle norme del codice civile in termini di tempestivo monitoraggio delle situazioni di difficoltà dell’impresa rispondono con il loro patrimonio dei danni prodotti dagli amministratori e non evitati.
I Sindaci devono, dunque, informarsi costantemente sull’andamento della società e sulle operazioni societarie e gestionali più rilevanti; annotare diligentemente sui libri eventuali dissensi o denunce di irregolarità; convocare l’assemblea ove si ravvisino fatti gravi su cui è urgente decidere; inviare la segnalazione di esistenza dei presupposti per l’attivazione della Composizione negoziale di cui all’art. 17 ccii e vigilare sul funzionamento della procedura di risanamento; presentare istanza al Tribunale ai sensi dell’art. 2485 C.C. affinché venga accertata una causa di scioglimento della società ove gli amministratori omettano di iscrivere al Registro Imprese la relativa dichiarazione; presentare al Tribunale la denuncia per gravi irregolarità di cui all’art. 2409 c.c.
Se, nonostante tutto, l’impresa non supera la crisi e si giunge alla fase della liquidazione giudiziale è assai probabile l’avvio di azioni di responsabilità contro Amministratori, Organi di Controllo e Revisori, azione che può essere promossa anche dopo lungo tempo in quanto, come è noto, l’azione sociale di responsabilità (artt. 2392/2393 c.c.) si prescrive in cinque anni dalla cessazione della carica. L’azione dei creditori (art. 2394 c.c.) si prescrive pure in cinque anni, ma – per giurisprudenza costante – il termine decorre da quando risulta percepibile ai creditori l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei creditori medesimi. Questa situazione crea situazioni paradossali in cui – di fatto – il decorso della prescrizione viene ancorato al palesarsi dell’insolvenza. Il risultato pratico che consegue è quello del perdurare di una condizione di incertezza. Tale condizione pone evidenti problemi, sia in termini di incertezza in ordine ad attività concluse, magari, da lunghissimo tempo, sia in termini di copertura assicurativa, posto che le principali compagnie operano le coperture con clausola Claims made, ovverosia quella che limita la copertura alla sola ipotesi che sia il sinistro e sia la richiesta di risarcimento intervengano in vigenza del contratto assicurativo.
Vi è poi un tema di solidarietà passiva che crea non pochi problemi anche nel caso di raggiungimento nelle more del giudizio di accordo transattivo con gli organi concorsuali.
L’art. 1313 c.c. stabilisce che: “Nel caso di rinunzia del creditore alla solidarietà verso alcuno dei debitori, se uno degli altri è insolvente, la sua parte di debito è ripartita per contributo tra tutti i condebitori, compreso quello che era stato liberato dalla solidarietà”. L’effetto è che nel caso in cui il creditore transiga con uno dei condebitori solidali, ma vi sia un debitore solidale non transigente insolvente, verso il debitore transigente liberato dalla solidarietà possono comunque agire sia lo stesso creditore sia, in regresso (1299 c.c.), il debitore adempiente chiamato a rispondere in ragione della solidarietà, oltre la propria quota di responsabilità, ma che non possa rifarsi verso il debitore solidale non transigente inadempiente. Il tema si pone sempre al momento di transigere le azioni di responsabilità, posto che nella maggior parte dei casi gli amministratori risultano incapienti. In una situazione del genere ove, per esempio, la sola società di revisione addivenisse a transazione, ma i sindaci non transigenti fossero infine chiamati a rispondere anche di quanto dovuto dagli amministratori insolventi, allora gli stessi – per la parte eccedente – potrebbero rivolgersi al revisore transigente. L’effetto di questo principio è: che risulta pressoché impossibile addivenire a transazioni individuali, a immediato beneficio delle procedure e che il processo si protrae oltre modo ai fini della determinazione delle effettive quote di responsabilità di ciascuno, al fine di poter poi gestire il tema di pagamenti solidali superiori rispetto alle quote di effettiva responsabilità (normalmente diverse da quelle presuntivamente previste dall’art. 1298 co. 2 c.c.). In materia di azioni di responsabilità sarebbe necessario che ciascuno rispondesse per fatto proprio, escludendo la solidarietà passiva e anche su questo si potrebbe intervenire per una modifica delle disposizioni normative.
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