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L’espropriazione forzata presso terzi a carico di una Pubblica Amministrazione

Immagine del redattore: Alessandro FacchiniAlessandro Facchini

Nel breve excursus che segue, ci soffermeremo senza pretesa di esaustività su alcune delle peculiarità dell’espropriazione forzata presso terzi a carico di una Pubblica Amministrazione.

Preliminarmente, occorre rammentare che la tutela esecutiva in tale ambito è da sempre improntata – o, auspicabilmente tende – al contemperamento dell’esigenza del buon andamento degli apparati pubblici con il diritto del creditore, munito di titolo esecutivo, a soddisfarlo concretamente in difetto di spontaneo adempimento.




Si rammenta, a tal proposito, che con la Cass. civ., SS.UU. 13.07.1979 n. 4071 – che ha ribadito la legittimità delle sentenze di condanna al pagamento di somme di denaro contro la Pubblica Amministrazione, invero mai messa in discussione laddove quest’ultima non agisca iure imperii, stante il dettato degli artt. 4 e 5 della Legge n. 2248/1865, all. E – si è affermata la piena applicabilità dell’art. 2910 c.c. e, quindi, delle norme del codice di procedura civile, dovendosi assoggettare anche la Pubblica Amministrazione ai principi generali dell’ordinamento di cui agli artt. 2740 e 2741 c.c.. A tacere dalla innovativa presa di posizione, secondo cui anche le somme iscritte nei capitoli di bilancio quali crediti della Pubblica Amministrazione siano pignorabili – trattandosi di questione di merito che nulla attiene al riparto di giurisdizione – e che nulla osti, a tal riguardo, l’esistenza di norme speciali in tema di contabilità dello Stato.

Tuttavia, pure a fronte della definitiva acquisizione dei suddetti principii anche grazie alla nota pronuncia della Corte Costituzionale, 21.07.1981 n. 138, quella dell’esercizio della tutela esecutiva nei procedimenti sia parte lo Stato resta una tematica alquanto controversa, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza. Basti pensare alla questione applicativa e, prima ancora, ai problemi di interpretazione della clausola di salvezza delle disposizioni speciali di cui all’art. 26 bis, comma 1, c.p.c., non ancora sopiti dopo l’intervento della Legge 26 novembre 2021 n. 206 ha introdotto rilevanti modifiche alla disciplina delle procedure esecutive, con conseguenti ricadute laddove terzo obbligato sia una Pubblica Amministrazione.

Si pensi, a tal riguardo all’art. 1, comma 29, della Legge in commento, con cui il Legislatore ha innovato i criteri volti alla individuazione del Giudice competente, sostituendo alle parole “il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede” dell’art. 26 bis, comma 1, c.p.c. il disposto: “il giudice del luogo dove ha sede l’Ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”.

La ratio di tale scelta normativa sembrerebbe dettata, secondo i maggiori commentatori, dall’intento di non gravare i Tribunali di alcune grandi città tradizionalmente sedi di Pubbliche Amministrazioni di un esorbitante numero di procedure di esecuzione presso terzi.

La disposizione in esame si applica nel caso in cui debitore sia una delle Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 413, comma 5, c.p.c., con riferimento non alla natura del credito per cui siano debitrici e, quindi, oggetto della dichiarazione ex art. 547 c.p.c. ma alla loro qualità, stabilita ai sensi dell’art. 1, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001, come rilevato già dalla Cass. civ., ord. 4.04.2018 n. 8172.


In ogni caso, pure a fronte di tale novellata competenza, il rinvio alle leggi speciali contenuto nell’art. 26 bis c.p.c., di cui si è detto poc’anzi, determina la prevalenza in via esclusiva e assorbente dei criteri di cui all’art. 1 bis della L. n. 720 del 1984. Ne consegue che qualora l’esecuzione forzata presso terzi inerisca i crediti che di una Pubblica Amministrazione che si avvalga dei sistemi di tesoreria la competenza del Tribunale sarà individuata con riferimento al luogo in cui il cassiere o il tesoriere opera come tale; in altri termini, dove si trova la filiale bancaria che ha in carico il rapporto di credito da dichiarare. In questo senso si rinvengono numerose pronunce di legittimità che pure se relative al testo di legge precedentemente in vigore, sono ritenute dai maggiori interpreti – stante la formulazione letterale della stessa – ancora attuali.

Aldilà delle questioni di cui si è cercato di dare sintetica contezza in questa sede, non può trascurarsi che anche nei procedimenti di espropriazione forzata presso terzi a carico della Pubblica Amministrazione grande rilevanza pratica riveste certamente, la novella dell’art. 543 c.p.c. a opera dell’art. 1, comma 32, della Legge n. 206/2021.

Come noto, già a decorrere dal 31.10.2021 è onere del creditore procedente iscrivere a ruolo il pignoramento, secondo le modalità stabilite nell’articolo in esame, entro trenta giorni dalla consegna da parte degli Ufficiali Giudiziari, a pena di inefficacia del pignoramento medesimo. Inoltre, per le procedure esecutive presso terzi radicate a far data dal 22.06.2022 – come già in caso di mancata iscrizione a ruolo, secondo il dettato dell’art. 164 ter disp. att. c.p.c. – il nuovo testo dell’art. 543 c.p.c. grava il creditore di ulteriori obblighi informativi, prevedendo che entro la data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento il creditore procedente notifichi al debitore e al terzo pignorato l’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo, con indicazione del numero di ruolo della procedura, depositandolo nel fascicolo d’ufficio.


In caso contrario, la mancata notifica dell’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo – che comporterà in ogni caso la cessazione degli obblighi del debitore e del terzo alla data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento – o il suo mancato deposito comporteranno la declaratoria di inefficacia del pignoramento che, in caso di più terzi, si produrrà solamente nei confronti del terzo rispetto al quale siano stati omessi i predetti incombenti.

Alla luce delle suddette novità legislative – volte, icasticamente, (tra l’altro) alla razionalizzazione dei procedimenti di esecuzione forzata – ma, pure, a fronte di quanto poc’anzi rilevato in tema di contemperamento degli opposti interessi in gioco, potrebbe apparire anacronistico quando non del tutto irrazionale il termine dilatorio di cui all’art. 14, comma 1, del D.L. n. 669/2019, in base al quale non è possibile procedure ad esecuzione forzata e neppure alla notifica di atto di precetto nei confronti delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non economici (ad eccezione dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione) prima del decorso di 120 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo.

Sarebbe, quindi, lecito interrogarsi sulla violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, se non fosse che già la Corte Costituzionale 23.04.1998 n. 142 ha ritenuto che il diverso trattamento degli enti pubblici non economici rispetto a quelli economici sarebbe giustificato dalla loro diversa funzione e che il termine di grazia per l’esecuzione dei pagamenti sarebbe volto a scongiurare il blocco dell’attività amministrativa che deriverebbe dalla molteplicità di plurimi pignoramenti e a garantire il buon andamento della Pubblica Amministrazione.


Concludendo, sebbene molte delle questioni di cui si è data sintetica panoramica in questa sede interessino principalmente gli addetti ai lavori, è innegabile che l’esigenza di chiarezza e semplificazione delle disposizioni regolanti i rapporti con la Pubblica Amministrazione anche nell’ambito della giurisdizione ordinaria sia oggi quanto mai pressante e necessiti di risposte pronte e soluzioni concrete.

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