Secondo l’articolo 644, comma 1, c.p. il reato di usura si configura quando qualcuno – al di fuori dei casi disciplinati dall’articolo 643 c.p. – “si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari”,
Ai sensi del terzo comma della norma in commento, “Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria”.
Pertanto, vengono a individuarsi due distinte fattispecie di reato: l’usura “presunta”, altrimenti detta “oggettiva”, di cui al comma 1 della norma in commento - per la cui integrazione è sufficiente la pattuizione di un tasso di interesse che ecceda il limite consentito dalla legge e ciò anche in assenza della prova che il soggetto attivo abbia approfittato di uno stato di difficoltà della vittima - e l’usura “in concreto”, ossia “soggettiva”.
Quest’ultima si configura proprio nel caso di abuso dello stato di difficoltà economica o finanziaria della vittima e lo scopo perseguito dal Legislatore – trattandosi di una fattispecie ulteriore e residuale rispetto alla prima – secondo la dottrina maggioritaria è quello di andare a colpire quelle ipotesi di “usura parcellizzata”, altrimenti non sanzionabili, perseguendo la tutela del privato, anziché della sola economia pubblica. Ne consegue che, sempre ai sensi dell’art. 644, comma 3, c.p. diviene punibile anche la condotta di chi, pur praticando un tasso di interesse anche di poco inferiore al tasso soglia, abbia approfittato dello svantaggio economico o finanziario – e, spesso, di una situazione di svantaggio sociale – della vittima. A riprova, la circostanza che il veicolo di commissione del reato in commento non sia soltanto il denaro, ma pure ogni altra utilità, nonché l’espresso riferimento alle <<concrete modalità del fatto>>.
Occorre considerare che per taluni Autori non vi sarebbe sostanziale differenza tra difficoltà economica e difficoltà finanziaria, alla luce dell’aggravante a effetto speciale di cui all’art. 644, comma 5, n. 3), che fa espresso riferimento allo stato di bisogno della vittima, che “non deve essere confuso con l’assoluta indigenza, ma ricorre ogni qual volta la persona offesa si trovi in una condizione anche provvisoria di effettiva mancanza di mezzi idonei a sopperire a esigenze primarie”, come chiarisce Cass. penale, sez. II, 25 marzo 2014 n. 18778.
Ancora, si distingue tra usurarietà sopravvenuta, conseguente all’aumento del tasso di interesse, rispetto a quanto pattuito in sede di stipulazione del contratto, a cagione delle fluttuazioni degli interessi in base all’andamento dei mercati finanziari, e usura “originaria”, rilevante nel momento “genetico” del contratto, ossia alla data in cui gli interessi sono convenuti.
Si rammenta, a tal riguardo che la Cassazione, a Sezioni Unite Civili, con la sentenza 19 ottobre 2017 n. 24675 ha stabilito che non può mai configurarsi “usura sopravvenuta” in corso di rapporto: “allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso di svolgimento del rapporto, la soglia d’usura come determinata sulla base delle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto”.
Del resto, già l’art. 1 della legge n. 24 aveva stabilito che ai fini dell’applicazione dell’art. 644 del codice penale e dell’art. 1815, secondo comma, c.c. (che disciplina il c.d. mutuo gratuito), si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento. Quantunque il comma 2 della norma in commento, estraneo alla presenta trattazione, abbia di fatto introdotto un correttivo in senso contrario all’esclusione della fattispecie di usura sopravvenuta.
Ciò premesso, a conclusione di questo sintetico excursus e senza pretesa di esaustività, meritano certamente di essere ricordate, in tema di usura legale, altre recenti pronunce di legittimità.
La Cassazione, a Sezioni Unite Civili, con la sentenza 18 settembre 2020 n. 19597 ha di recente affermato il seguente principio di diritto:
“La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso.
La mancata indicazione dell’interesse di mora nell’ambito del T.E.G.M. non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali, i quali contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo del pari oggettivo ed unitario, essendo questo idoneo a palesare che una clausola sugli interessi moratori sia usuraria, perché “fuori mercato” (…).
Ove i decreti ministeriali non rechino neppure l’indicazione della maggiorazione media dei moratori, resta il termine di confronto del T.E.G.M. così come rilevato, co la maggiorazione ivi prevista.
Si applica l’art. 1815, comma 2, cod. civ., onde non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma vige l’art. 1224, comma 1, cod. civ., con la conseguente debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti.
Anche in corso di rapporto sussiste l’interesse ad agire del finanziato per la declaratoria di usurarietà degli interessi pattuiti, tenuto conto del tasso-soglia del momento dell’accordo; una volta verificatosi l’inadempimento ed il presupposto per l’applicazione degli interessi di mora, la valutazione di usurarietà attiene all’interesse in concreto applicato dopo l’inadempimento (…)”.
Ne consegue, pertanto, che l'usura relativa agli interessi di mora non può riscontrarsi solo "in astratto" alla pattuizione, ma si configura se gli interessi moratori effettivamente richiesti e addebitati sono calcolati al tasso usurario. Le Sezioni Unite hanno, inoltre, sancito l’applicabilità concorrente, nei contratti conclusi con un consumatore, della tutela prevista dagli artt. 33, comma 2, lettera f) e 36, comma 1 del codice del consumo e chiarito, ad avviso di chi scrive opportunamente, che grava su colui che intenda provare l’usurarietà degli interessi moratori l’onere di “dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l’eventuale qualità di consumatore, la misura del T.E.G.M. nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento”.
Alle predette indicazioni si conforma la Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2022 n. 15505, che conferma il principio di diritto per cui la valutazione dell’usura deve essere parametrata non solo agli interessi corrispettivi, ma anche a quelli di mora, precisando poi che la valutazione degli interessi moratori non può essere effettuata con il tasso soglia utilizzato per la valutazione degli interessi corrispettivi; pertanto, deve essere utilizzato un tasso soglia che tenga conto del T.E.G.M. aumentato della maggiorazione media degli interessi moratori, nella misura rilevata dai decreti ministeriali di cui all’art. 2, comma 1, Legge n. 108/1996 moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal comma quattro del predetto articolo 2.
Se, utilizzando questo criterio, gli interessi moratori dovessero risultare usurari, questi saranno comunque dovuti, nella misura degli interessi corrispettivi, di cui all’art. 1224, comma 1, c.c.. Ammettendo la rilevanza di entrambi gli interessi, moratori e corrispettivi, per configurare il reato di usura, la Suprema Corte ha così affermato la natura mista del reato.
Cass. penale, sez. II 17 marzo 2022 n. 19134 ha affermato il principio secondo cui, nel caso concorrano ipotesi di usura legale e usura in concreto, a causa della natura mista del rapporto usuraio, quest’ultima “deve essere valutata esclusivamente sulla base della (eventuale) sproporzione tra prestito in denaro e controprestazione in natura. Sproporzione che, tuttavia, non può essere ritenuta, come accaduto nel caso di specie, attraverso une improprio utilizzo dei parametri di valutazione dell'usura legale, ovvero attraverso la previa "monetizzazione" della prestazione in natura e la successiva riconduzione al concetto di "interesse" - tipico dell'usura legale - dell'eventuale plus valore del bene consegnato in pagamento rispetto al denaro prestato”.
Infine, Cass. penale, sez. III, 7 marzo 2022 n. 7352, ha innanzitutto ribadito che ai fini della determinazione del tasso soglia non è possibile procedere al cumulo materiale delle somme dovute a titolo di interessi corrispettivi e moratori e che, stante la diversa funzione perseguita - quanto ai secondi, di penale per l’inadempimento - è, quindi, necessario procedere al calcolo separato della loro effettiva incidenza “per i primi, ricorrendo alle previsioni dell’art. 2, comma 4, della legge n. 108 del 1996, e per i secondi, ove non citati nella rilevazione dei decreti ministeriali attuativi della citata previsione legislativa, comparando il tasso effettivo globale medio al periodo di riferimento (Cass., 04/11/2021 n. 31615). La Suprema Corte, pertanto, alla luce del riaffermato “principio di simmetria”, secondo cui “non sono accomunabili, nella comparazione necessaria alla verifica delle soglie usurarie, voci del costo del credito corrispondenti a distinte funzioni” ha escluso la cumulabilità, ai fini in esame, della commissione di estinzione anticipata con gli interessi moratori, essendo la prima “una clausola penale di recesso, che viene richiesta dal creditore e pattuita in contratto per consentire al mutuatario di liberarsi anticipatamente dagli impegni di durata, per i liberi motivi di ritenuta convenienza più diversi, e per compensare, viceversa, il venire meno dei vantaggi finanziari che il mutuante aveva previsto, accordando il prestito, di avere dal negozio”.
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