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Compravendite immobiliari e verifica della conformità edilizia

Immagine del redattore: Alessandro FacchiniAlessandro Facchini

Tante ragioni per farla, nessuna per ometterla.


Nel comune sentire, la circostanza che un atto di compravendita immobiliare sia rogato da un Notaio, e che nello stesso atto il venditore attesti la conformità edilizia dell’immobile, pare una cautela senz’altro sufficiente a scongiurare possibili rischi.


Eppure, se solo da pochi anni si è ricomposto un contrasto giurisprudenziale nell’ambito del quale si era finanche ipotizzata la generale nullità delle compravendite di immobili afflitti da abusi edilizi, le liti in cui si discute a vario titolo della presenza di difformità edilizia sono in costante ed esponenziale aumento.



Lo stesso è a dirsi dei casi in cui acquirenti di immobili del tutto inconsapevoli della difformità edilizia si vedono recapitare provvedimenti sanzionatori da parte dei comuni: basterà digitare (o, come suol dirsi, “googlare”) “ordinanza demolizione proprietario incolpevole” in un qualsivoglia motore di ricerca web per avvedersi della attualità del problema.


Riservo molta parte della mia attività professionale al diritto del territorio in senso lato (urbanistica, edilizia, ambiente), nel cui ambito, parallelamente, mi occupo anche di attività formativa; per il secondo anno di seguito sono curatore e coordinatore scientifico del corso per la formazione dell’avvocato esperto in diritto urbanistico organizzato dal Consiglio dell’Ordine di Milano e da SOLOM, in via di svolgimento proprio in questi giorni.


Vediamo quali rischi si annidano nelle compravendite immobiliari e come cautelarsene.


Gli obblighi dei Notai

Giova premettere che, salvo uno specifico mandato del Cliente, o il caso in cui la presenza di irregolarità edilizie sia evidente già a livello della documentazione fornita ai fini della stipulazione dell’atto notarile di compravendita, non rientra nelle prerogative e responsabilità dei Notai quella di verificare il cosiddetto “stato legittimo dell’immobile”, ossia la sua perfetta aderenza ai titoli edilizi che si sono via via succeduti dall’edificazione sino alla sua attuale configurazione (dall’atto di fabbrica iniziale, sino a quelli relativi alle ulteriori eventuali successive modifiche, anche meramente interne).

L’art. 46, d.p.r. 380/2001, si limita difatti a richiedere, seppur sotto espressa pena di nullità, che gli atti di trasferimento, costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi ad edifici, non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria.

Ergo, in fase di compravendita non è richiesta ex lege alcuna particolare indagine, se non, per dovere di diligenza, quella di verificare che quanto oggetto di dichiarazione da parte dell’alienante trovi un adeguato riscontro quantomeno a livello documentale.

Le regole di prescrizione

Altra doverosa premessa riguarda il regime prescrizionale, sia nei rapporti tra i privati paciscenti (vedi rispetto ad eventuali azioni per vizi o difformità da parte dell’acquirente) che rispetto ai comuni, cui compete la vigilanza sull’attività edilizia e l’applicazione delle relative sanzioni amministrative.

Quanto al primo aspetto (rapporti di diritto privato), e, in particolare, alla responsabilità del venditore, il già ampio termine decennale di prescrizione ha decorrenza particolarmente labile, e non coincidente con la stipulazione della compravendita; secondo un orientamento oramai consolidato è dalla data di scoperta della difformità che decorre il termine per azionare il diritto.

Quanto al secondo aspetto (responsabilità per sanzioni amministrativa), gli illeciti edilizi sono sostanzialmente imprescrittibili, in quanto i relativi illeciti sono considerati “permanenti”.

Ossia, fino a che permane lo stato di antigiuridicità (la non conformità dell’immobile al diritto) l’amministrazione comunale può (ed anzi deve) legittimamente sanzionare l’immobile abusivo, anche a distanza di anni.

Sempre in merito alle possibili sanzioni amministrative, giova rammentare che:

- quelle di carattere personale attingono direttamente l’autore dell’abuso, e, dunque, teoricamente non si applicano all’avente causa che ne sia estraneo; sennonché, la preesistenza di una difformità edilizia, pur se commessa da terzi, teoricamente preclude anche ogni successivo intervento edilizio, dato che l’acquisizione di un nuovo titolo autorizzatorio presuppone la ricorrenza dello “stato legittimo”;

- quelle reali, ed in particolare quelle di tipo ripristinatorio / demolitorio, sono legittimamente rivolte a chi abbia la attuale proprietà dell’immobile (ancorché, come si diceva, estraneo all’illecito edilizio).


La prospettiva delle parti

A fronte di questo scenario, appare evidente come l’esecuzione di una verifica della conformità edilizia da parte di un tecnico espetto e (quantomeno nei casi critici) e di un legale, sia una cautela quantomai opportuna per ciascuna delle parti contrattuali.


Quanto all’alienante, l’esecuzione di una previa verifica di conformità lo porrà auspicabilmente al riparo da possibili contestazioni da parte dell’acquirente, sia laddove la verifica abbia esito positivo, e sia laddove emergano invece delle difformità di lieve natura; in questo (e solo in questo) ultimo caso sarò difatti possibile (ed anzi consigliabile) dare espresso atto che l’acquirente ne è al corrente e ne ha tenuto conto ai fini anche della determinazione corrispettivo.

Inoltre, sul piano della più agevole commerciabilità degli immobili, l’alienante che si presenti con una verifica già compiuta e la relativa documentazione già raccolta, si presenta senz’altro più serio e degno di maggiore fiducia.

Quanto all’acquirente, la valutazione della conformità edilizia gli consentirà di evitare sia possibili contestazioni amministrative, che di assicurarsi una più agevole rivendita.

Aggiungo, trattandosi di aspetto ancora poco divulgato, che anche il mediatore (agente immobiliare) non è esente da rischi nel caso in cui l’immobile compravenduto risulti afflitto da illeciti edilizi.

Muovendo dall’obbligo (ex art. 1759 cod. civ.) di comunicare alle parti le circostanze relative alla valutazione ed alla sicurezza dell'affare che possono influire sulla sicurezza dello stesso, una recente sentenza Corte di Cassazione (24534/2022):

- ha escluso che il dovere di diligenza professionale del mediatore importi l’obbligo di compiere specifiche indagini tecniche;

- ma ha anche ritenuto che sullo stesso gravi, in positivo, l’obbligo di comunicare quanto risulti conoscibile già secondo la comune diligenza, e, in negativo, il divieto di fornire informazioni su circostanze di cui non abbia sicura contezza e che non abbia controllato, ovvero di renderle ma precisando che dette informazioni non state da lui verificate.


In altri termini, anche considerando i livelli dei valori immobiliari recentemente raggiunti in molte città (vedi Milano), l’esecuzione di una attenta verifica già prima della conclusione del contratto preliminare di compravendita risulta consigliabile nell’interesse di tutti i soggetti coinvolti dalla operazione.



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